"Ho bisogno di capire l’idea, l’impianto, per poter disegnare la coreografia". È entusiasta Michela Lucenti, nata a La Spezia nel 1971, direttrice e anima di una compagnia significativamente chiamata Balletto Civile, chiamata a muovere la scena
della temibile “Forza del destino”, che inaugura la Scala il 7 dicembre. Sottile, bruna ed energica, non ha avuto esitazioni scaramantiche nell’accettare la
proposta del regista Leo Muscato che l’ha sfidata ad affiancarlo in questa impresa più che impegnativa.
Come si coreografa un’opera tanto potente?
"È come una grande macchina in cui mi sono inserita con un lavoro, direi, molto semplice, per dar vita a tanti enormi quadri con tantissime persone, centocinque coristi e venticinque mimi, pensando a una coreografia dello spazio e del suono. Continuo a credere nel valore dell’architettura e del disegno coreografico, anche in questi tempi dove la danza è sempre meno prioritaria in creazioni multidisciplinari,talvolta persino sotterranea e quasi invisibile".
Come è avvenuto il coinvolgimento di coreografa accanto alla direzione registica?
"Leo Muscato, trovandosi davanti all’esigenza di avere in palcoscenico tutte le masse artistiche, per volontà del direttore Riccardo Chailly e del Sovrintendente Dominique Meyer, alla sua ultima inaugurazione, mi ha chiesto collaborazione per aiutarlo nella disposizione spaziale di una troupe tanto numerosa e spettacolare".
Ci sono quadri scenici particolarmente impegnativi, da alimentare di nuove immagini?
"La scena dei soldati ubriachi, che alcune regie tedesche attuali restituiscono come un’orgia, il che non è della nostra cultura a mio parere, nella mia immaginazione è diventata un Presepe profano, anche con la Madonna; insomma non era più plausibile far travestire i militari da vivandiere, ballando la tarantella; non ho intenzione di fare scandalo, per blasfemia, e spero invece che questa soluzione sia
compresa nel senso giusto, aderente al libretto".
Coro e cantanti sono tutti “coreografati”? È stato un lungo lavoro, con particolari difficoltà?
"Per un mese ho provato alla Scala con il regista, è stata una bella esperienza. Il coro non è invitato solitamente a concentrarsi sul movimento, qui sì. Ho dato indicazioni anche ai cantanti, in modo che tutto sia coerente. Con Muscato, poi, c’è sintonia di visione; avevo già collaborato alla sua ‘Bohème’, produzione del Macerata Opera Festival, premio Abbiati per la miglior regia 2012".
Come concilia il suo impegno nel sociale, con un team solidale, associata a ERT, con quello nelle grandi istituzioni?
"Non dimentico la necessità di danzare ogni giorno, il che però non deve prescindere dal creare situazioni che provino a farci crescere come uomini e donne. Altrimenti di cosa può parlare la nostra danza?".