Ci sono incontri che cambiano la vita e a lei è successo. Nicoletta Pallini Clemente ricorda con affetto Ruggero Savinio, il pittore e scrittore scomparso la notte di Capodanno a Cetona, in provincia di Perugia. Figlio di Alberto Savinio e nipote di Giorgio De Chirico, è stato un artista singolare, una personalità autonoma che spicca nella ricerca figurativa dagli anni Sessanta a oggi. Pur essendo nato a Torino nel 1935 viveva ormai da molti anni a Roma con la sua famiglia dopo aver trascorso molto tempo a Milano, una città che amava molto e che aveva visto i suoi esordi nella pittura. Due anni fa a Palazzo Reale si è tenuta l’ultima esposizione a lui dedicata a cura di Luca Nicoletti. Nel 1999 al Castello Sforzesco la prima grande mostra milanese, “Opere recenti. 1986-1998“ “Opere 1959-2022“ a cura di Nicoletta Pallini, critica d’arte che ricorda l’artista.
Nicoletta, come vi siete conosciuti?
"Fu grazie al professor Flavio Caroli, allora direttore artistico di Palazzo Reale che in quell’anno decise di far curare le mostre a un gruppetto di giornalisti d’arte e a me affidò proprio Ruggero Savinio di cui conoscevo solo la pittura. Immagino che la scelta di Caroli fosse stata ispirata dalla mia storia familiare cresciuta in mezzo all’arte fin da bambina. La prima volta che ho incontrato Ruggero nel suo piccolo studio di allora che si affacciava su una terrazza luminosissima; ricordo la mia grande emozione di fronte a lui e ai suoi quadri, alcuni anche di grandi dimensioni che a stento Savinio riusciva a estrarre da quella minuscola stanza per mostrarmeli all’aperto. Non dimenticherò mai come parlava del suo lavoro, la voce pacata e gentile, il rispetto con cui si rivolgeva a me come se avesse di fronte un critico di lunga esperienza; questo mi intimidiva ma anche mi dava coraggio e forza. Scrivevo d’arte da molti anni ma quella fu davvero la mia “prima volta“ da curatrice. Fin dall’inizio fui colpita da quel suo modo garbato di spiegarmi la tecnica, le ispirazioni che l’avevano suggestionato nel suo fare arte; mi rivelarono quanto fosse grande il suo amore per la pittura antica dei Maestri e in particolare per quella di artisti francesi come Seurat, Vuillard, Joseph Sima o il tedesco Hans von Marees. Mi sono subito sentita a casa, in sintonia con il suo lavoro che negli anni ha dato vita ad altre tre mostre e soprattutto a una profonda amicizia anche con sua moglie Annelisa e i figli Andrea e Gemma".
E come ha deciso di raccontarlo nella mostra milanese a lui dedicata?
"Nella mostra del 1999 - che ebbe un grande successo - è emerso, oltre alla sua personalità libera, questo sentimento che ci accomunava per l’arte, per la natura e per la scrittura che traspare ancora oggi dai suoi ultimi lavori. Savinio è stato poi anche un grande scrittore, limpido, coltissimo mai erudito, silenzioso e tenace, dava spazio agli altri con sensibilità. Per questo mi ritengo fortunata di averlo conosciuto e frequentato".
A quali opere dell’artista è maggiormente legata?
"Sono molte le opere a cui sono legata a cominciare da quelle dell’Età dell’Oro, dove la sua pittura si fonde con i racconti mitologici, con il bagliore di sprazzi di luce e ombre rassicuranti, a quelle che ho esplorato da vicino nelle mostre che ho curato per lui a Milano, Sondrio, Giulianova e ad Acireale, dipinti in cui la famiglia e la natura entravano nell’opera".
Come si è trovata a lavorare con lui?
"Benissimo. Negli anni il nostro rapporto si è trasformato al di là del lavoro, in un legame di affetto e stima".
Se dovesse riassumere il suo carattere in pochi aggettivi? "Un artista completo, riservato, di grande cultura e attenzione. Un vero contemporaneo".
Quali sono i luoghi che Ruggero Savinio ha rappresentato?
"Legati alla “meditarraneità“, ai giardini e ai parchi di Roma, ai suoi viaggi in Grecia, alle grotte abitate da Ninfe reali o immaginate, all’intimità di case e di stanze, ai giochi dei bambini che erano i suoi figli da piccoli".