Con oltre oltre 162mila stream “Dimmi che non è un addio” è diventato la canzone col miglior debutto nella storia di “Amici”, poi chi hanno pensato “Nuvola”, “Solo stanotte”, “Randagi” a proseguire il percorso che porta oggi e domani Joseph Carta (nella foto), per le hit-parade Holden, sul palco dei Magazzini Generali. Esperienza che lui racconta a SoundCheck, il format musicale disponibile pure sul sito e i social del nostro giornale, con l’abbrivio dell’ultimo ep, intitolato proprio “Joseph”. "Mi sento molto connesso alla musica, che ho iniziato ad assorbire fin da piccolo", spiega il figlio del chitarrista Paolo Carta, attuale marito di Laura Pausini, rivelato al grande pubblico televisivo dalla trasmissione di Maria De Filippi.
Holden, come l’Holden Caulfield del romanzo di Salinger.
"Tutto è accaduto quando mi sono approcciato alla scrittura dei pezzi in italiano. Prima, infatti, scrivevo canzoni in inglese anche se non lo padroneggiavo troppo bene, ma venivo da quegli ascolti là, soprattutto pop americano. Poi, a un certo punto, ho sentito l’esigenza di allargare il ventaglio delle possibilità esprimendomi nella mia lingua. Ed è stato allora che i miei fratelli più grandi m’hanno consigliato la lettura de ‘Il giovane Holden’. Nel protagonista del romanzo ho ritrovato diversi aspetti del mio carattere e così l’idea che quel nome mi calzasse a pennello è stata immediata".
Holden in tour, ma anche in radio con quella “Grandine” che lo mette a tu per tu con Mew.
"Con Mew avevamo stabilito un legame abbastanza forte nella ‘casetta’, promettendoci di ritrovarci pure in studio una volta fuori. Un programma come ‘Amici’, infatti, crea legami abbastanza forti tra le persone per il fatto di condividere gli stessi obiettivi, le stesse ansie, le stesse preoccupazioni. Alla fine, riascoltando il pezzo, siamo stati entrambi felicissimi del risultato".
Insomma, due “figli di Maria”. Anche se dalla tv al club il passo è lungo.
"‘Amici’ ti offre un’opportunità su cui costruire, poi devi saper sfruttarla. Penso che l’esperienza ad Amici mi abbia insegnato tanto, sia dal punto di vista umano e personale che da quello artistico".
Com’è stato il ritorno tra la gente dopo otto mesi di “casetta”?
"Io l’ho vissuto come una grande botta di vita. E il tempo passato in quella particolarissima condizione ha portato a questo percorso e a questo lavoro. Incontri ragazzi che apprezzano te e alla tua musica a cui spesso basta un autografo per essere felici".
Quanta di quella grandine che picchia sui vetri raccontata dal testo della canzone si porta dentro?
"Quella visione evoca la sensazione provata in una relazione difficile. La grandine di cui parlo è all’instabilità di quei rapporti in cui è richiesta una dose di coraggio in più, per questo parlo di ‘un bagno di sangue in un mare di squali’. E, a seconda delle letture e dei punti di vista, il vetro in questione può essere l’egocentrismo o il tentativo di difendersi".
Mew dice che quando Holden s’arrabbia diventa cattivo e gli esce fuori il romanaccio che si porta dentro. È così?
"Nel bene e nel male sono una persona molto istintiva, passionale. E, come tutti, cerco di lavorare su me stesso per migliorarmi giorno dopo giorno".
Tra artisti e produttori chi stima di più?
"Ce ne sono tantissimi che ammiro e con cui vorrei tanto collaborare, mi piace tantissimo Mace, ad esempio, ma pure Irama, per non parlare di altri due fuoriclasse come Mahmood e Lazza".
Jader, Jacopo, Joseph tre fratelli con la J. Un debole di papà o di mamma?
"Non l’ho mai capito. Anche se le ascendenze olandesi di mamma forse c’entrano qualcosa".
Quella del Giovane Holden era stata "un’infanzia schifa". E la sua?
"Un’infanzia altalenante, con tanti cambi di scuola e tanti... casini".