L’abisso di Roberto Zucco, tra ingiustizia e dolore

Giorgina Pi porta sul palco la tragedia contemporanea di "Roberto Zucco" di Koltès, denunciando violenza e disuguaglianza in una parabola oscura e attuale.

L’abisso di Roberto Zucco, tra ingiustizia e dolore

Una delle foto di scena dello spettacolo “Roberto Zucco“

Un lungo percorso nella tragedia, quello di Giorgina Pi. Che arriva a toccare il baratro complesso del “Roberto Zucco“ ultima opera di Bernard-Marie Koltès, che morì nel 1989 perdendosi il debutto di questo testo dalla bellezza disperata. Colmo di violenza e disuguaglianza. Con un protagonista indifendibile che si rifaceva a Roberto Succo, il giovane di Mestre evaso dopo aver ucciso i genitori, pluriomicida ricercato per mezza Europa. Parabola nerissima. Che la regista romana da stasera porta all’Elfo Puccini. Con Valentino Mannias nel ruolo principale all’interno di un impianto corale. Dove s’insegue un’anima persa, senza più nulla da perdere.

Giorgina Pi, alla fine è arrivata al “Roberto Zucco“.

"Un mio grande amore di vecchia data, in cui è evidente il legame con l’indagine sviluppata in questi anni. Si parla infatti di una tragedia contemporanea, dove non viene risparmiato nessuno, tantomeno il mondo in cui si svolge. Un testo di forte denuncia rispetto a temi come dolore, solitudine, ingiustizia".

È l’opera ultima di Koltés.

"E come spesso avviene in questi casi, mantiene qualcosa di misterioso. Venne scritta velocemente, con la consapevolezza che il tempo a disposizione non era molto. Diventa quindi un lascito letterario, etico, umano. Che muove dalla fascinazione che provò di fronte al manifesto di quest’uomo ricercato". Andò davvero così?

"Koltés è sempre stato bravo a depistare sulla verità. Ma leggendo le ultime biografie, pare che effettivamente ebbe un colpo di fulmine di fronte allo sguardo di questo ragazzo che compariva ovunque nelle città. Un volto che si sapeva con certezza che sarebbe presto stato catturato. E credo che ci sia stata un’immedesimazione rispetto a una sorta di conto alla rovescia che li accomunava. Raccontano che fece di tutto per avere poi uno di quei manifesti a casa e che ci scrivesse davanti".

Perché prima parlava di lascito etico?

"Viviamo una condizione peggiore rispetto alla fine degli anni 80. E la disuguaglianza è proprio il tema principale sul palco. Una differenza di classe per cui i personaggi poveri vivono in balia di pochi ricchi. Ma è anche un disequilibrio di possibilità per una donna rispetto a un uomo, con sottotraccia il tema della violenza domestica. Oltre che una disuglianza legata alle proprie origini, visto che si parla di contesti familiari di immigrati. Riflessione che Koltés sentiva con particolare forza in quel periodo: c’era stato il primo grande successo elettorale di Le Pen e l’ascesa del Front National gli era del tutto insopportabile". Cosa le rimane di questo lungo percorso nel tragico?

"Il desiderio di lavorarci ancora. E da cittadina di andare ad osservare le tragedie del nostro presente, quel nero con cui il teatro ci ha sempre permesso di rimanere in contatto".

Diego Vincenti