
Dai sentieri silenziosi, che attraversano i boschi degli Appennini. Alle gallerie chic dell’arte contemporanea. Sembrerebbero mondi lontani....
Dai sentieri silenziosi, che attraversano i boschi degli Appennini. Alle gallerie chic dell’arte contemporanea. Sembrerebbero mondi lontani. Ma cambia tutto se ci si lascia condurre dalla comicità di Arianna Porcelli Safonov, domani al Teatro Carcano con “Gli sforzi inutili (con cui la vita cerca di imitare l’arte)“. Replica unica. Per ridere dell’arte e piangere del suo classismo. In compagnia di una delle scrittrici più seguite sui social. Che dopo una carriera nell’organizzazione di eventi internazionali, qualche anno fa ha scelto la parola. In tutte le sue forme.
Arianna, cosa le ha fatto l’arte contemporanea? "Se vuoi è un problema di inclusività, piuttosto curioso considerando che sul tema si stanno interrogando tutti. L’arte contemporanea invece più appare sofisticata e più mostra la sua natura esclusiva. Sensazione che percepisci già negli spazi dedicati a mostre e installazioni: cubi di cemento armato, non trovi nemmeno le porte per entrare. O per uscire".
L’ottuso elitarismo dell’arte. "Che io reputo un’occasione persa per la società. Perché a differenza di altri tentativi di inclusione – i cui frutti si vedranno chissà quando –, in questo caso gli effetti potrebbero essere immediati. Ma si preferisce parlare agli addetti del settore invece di allargare la platea".
Altre volte però la sensazione è opposta: pensi all’Hangar Bicocca, gli spazi accoglienti, gratuiti, a tratti ludici. "Credo che Milano faccia un po’ caso a sé. Ci sono differenze enormi a seconda delle città e dei progetti. Ma il classismo nell’ambiente credo si percepisca molto forte. E poi c’è una certa bizzarria nella fruizione".
A cosa pensa? "A quei gruppi di giapponesi in visita guidata agli Uffizi, che guardano le opere sullo smartphone invece che alle pareti. Un cortocircuito, osservato con i miei occhi".
Sul palco racconta diversi episodi autobiografici. "Per riderci sopra e magari trasformarle in riflessioni un po’ più ampie. Come il fatto che certe esperienze sembra che le facciamo solo per raccontarle sui social. Ricordo ad esempio un mio viaggio in Islanda, in barca col mal di mare, mezza ghiacciata, per cercare di scorgere le balene che non si sono nemmeno fatte vedere, tanto che ci hanno rimborsato il biglietto".
Continua a piacerle la vita ritirata sugli Appenini? "Sì, anche se ci sono delle controindicazioni. Come il fatto che non ne posso più di metterci cinque ore a raggiungere qualsiasi posto. Ma resisto, adoro il ritmo delle giormate, la qualità della vita che ti fa godere di cose dimenticate, come il cambio delle stagioni. E mi piace anche quando mi riapproprio della città, sentendomi un po’ disadattata".
Con “Transumansia“ ha unito trekking e scrittura. "È un progetto iniziato durante il covid, pensavo terminasse in fretta. E invece continua ad avere tantissima attenzione. Ci addentriamo per 8 km nei boschi, un percorso ad anello con alcune tappe dedicate a una selezione bibliografica sul tema del cambiare vita. Partiamo dal mio libro “Fottuta campagna“ per toccare poi il Walden di Thoreau, Giorgio Boatti, Calamandrei".
Non le manca un po’ il lavoro precedente? "Mi manca nei termini in cui vengo ora guardata come fossi meno professionale, intellettualmente meno capace perché faccio l’artista, quella che sale sul palco e dice cavolate. Mentre prima ero superiore per il solo fatto di lavorare 23 ore al giorno, prendendomi la responsabilità penale di quello che succedeva, senza per altro averne i benefici economici".
Ma è una questione di professione o di comicità? "Il problema è come viene visto il lavoro creativo in questo Paese".
Le piace invece la visibilità sul web? "Sì, anche se presuppone una grande difficoltà per me. Perché com’è successo già da tempo in tv, è passata la convinzione che per comunicare in rete il linguaggio dev’essere più fruibile, commerciale, di bassa qualità. Anche nella scelta dei contenuti. Così ora è come se avessi due uffici, due posti di lavoro diversi e dovessi parlare due linguaggi, di cui uno estremamente banalizzato".
E ci riesce? "Più che altro la mia sfida è quella di avvicinare le due cose".
Si augura questo per i prossimi mesi? "Sarebbe bello. Insieme a una vacanza". Mi ha risposto la stessa cosa lo scorso anno. "Ecco vedi, non è ancora arrivata...".