L’atelier di Remo Anzovino: "La mia storia dal vivo"

Il nuovo disco del pianista registrato nello studio dell’artista Giorgio Celiberti "Ho suonato davanti a 150 persone ma con lo spirito dei mitici Mtv Unplugged".

Remo Anzovino con l’artista Giorgio Celiberti nel cui studio si sono tenuti i concerti finiti nel disco “Atelier“

Remo Anzovino con l’artista Giorgio Celiberti nel cui studio si sono tenuti i concerti finiti nel disco “Atelier“

Metti una notte con Remo Anzovino e il suo pianoforte malato di suggestioni rubate al tempo. Vent’anni di cammino che scivolano tra le curve della memoria racchiuse in “Atelier”, album dal vivo registrato nello studio del maestro Giorgio Celiberti che il compositore-avvocato friulano presenta lunedì alla Feltrinelli di piazza Piemonte (ore 18,30), assieme al giornalista Fabrizio Basso, nell’attesa di tornare in concerto ai Filodrammatici il 17 marzo.

Remo, perché ha deciso di guardarsi indietro?"L’idea di fare il disco dal vivo per i vent’anni di carriera era nata durante il tour per piano solo di ‘Don’t forget to fly’, un giro di concerti che m’ha fatto capire quanto la mia struttura pianistica funzionasse nel contatto diretto con la gente. Durante quel cammino, la mia vecchia casa discografica Egea ha ristampato il primissimo disco che ho inciso, ‘Dispari’, e mi sono reso conto che tantissimi brani storici di quel periodo come ‘Tabù’, ‘Natural mind’, ‘Galilei’, ‘Igloo’ li ho praticamente riscritti, da qui l’idea di riunirli in un progetto live nella nuova veste".

Qual è lo spirito di questo progetto?"Appartengo ad una generazione cresciuta con artisti che facevano concerti con idee e sonorità completamente diverse da quelle dei dischi. Dal mio punto di vista, un live dove senti eseguire musica nella stessa, identica, forma dell’album non ha molta ragione di esistere. Basta pensare che la versione più famosa di ‘No woman no cry’ di Bob Marley è quella dell’album dal vivo e non di quella in studio. Pure nel primissimo album dal vivo di Pino Daniele ‘Sciò live’ canzoni come ‘Chillo è nu buono guaglione’ o ‘Viento ‘e terra’ sono qualcosa di completamente diverso dall’originale".

Parliamo dell’ambientazione?"Quando Celiberti mi ha chiesto un’esibizione nel suo atelier, il connubio tra la mia musica e la sua arte potesse funzionare. In fondo finora ho composto 12-13 colonne sonore per i film d’arte, passando da Van Gogh a Frida Kahlo, da Monet a Picasso. Avevamo pensato di registrare al Teatro Bibiena di Mantova, dove si esibì pure Mozart quattordicenne, e il Teatro Nuovo Giovanni da Udine ad Udine, ma poi abbiamo preferito una cornice meno convenzionale di quella, seppur prestigiosa, del teatro. Due esibizioni con non più di 150 spettatori l’una, ma con lo spirito di due clamorosi ‘unplugged’ dell’era Mtv come quelli di Eric Clapton e dei Nirvana per i quali se in studio c’erano cento persone era pure tanto".

L’album si apre con un (quasi) inedito, “Chaplin”."Avevo 24-25 anni quando la Cineteca di Bologna mi chiese di musicare dal vivo un classico del cinema muto, quela grande metafora del mondo dello spettacolo e della vita che è ‘Il circo” di Charlie Chaplin. Quel tema lo scrissi per il finale e m’è tornato in mano rovistando gli appunti che avevo messo da parte al tempo. Suonarlo in apertura significa ripercorrere il mio cammino artistico praticamente dall’inizio".

Andrea Spinelli