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Dante, Dickinson, Majakovskij. Il regista Martinelli e 70 liceali della “non-scuola”: amo chi pensa con la sua testa
Al Teatro Oscar di via Lattanzio, questa sera alle 20.30 e domani alle 16, “Eresia della speranza. Dante, Dickinson, Majakovskij”, spettacolo di Marco Martinelli, che già di “Eresia della felicità” era stato corifeo. Un eretico? "Amo gli eretici, quelli che scelgono con la propria testa. Come Giovanna d’Arco, un’ortodossa messa al rogo" spiega il drammaturgo. Che porta in scena un coro (nella miglior tradizione del teatro antico) di 70 liceali del Sacro Cuore, in egual numero maschi e femmine, con i quali ha condiviso il suo laboratorio “non-scuola”. Esperienza “asinina” innovativa e anticonvenzionale, già collaudata a Milano nell’ex-ospedale psichiatrico Paolo Pini diventato centro culturale, con i ragazzi del quartiere periferico e multietnico. Ora hanno lavorato su poeti eretici. Giusto qualche verso di Dante? "Dal canto X del Purgatorio, nella triade dedicata ai superbi (che in vita guardarono gli altri dall’alto in basso e ora sono costretti ad avanzare sotto il peso di macigni, con la faccia rivolta a terra) questo estratto: “O superbi cristiani, miseri lassi, che, de la vista de la mente infermi, fidanza avete ne’ retrosi passi, non v’accorgete voi che noi siam vermi nati a formar l’angelica farfalla, che vola a la giustizia sanza schermi?”. Domanda da riproporre nella contemporaneità".
Dove Martinelli identifica l’ortodosso in Trump e l’eretico in papa Francesco, che ha appunto indetto il Giubileo della Speranza. E a “Il vizio della speranza”, apparentemente assurda, irragionevole, spesso così difficile da sembrare impossibile, eppur sempre risorgente “come un’eresia”, il Teatro Oscar dedica l’annuale programmazione. Un vizio, la spes, cui non si sottrae il suicida Majakovskij, affamato d’immortalità. Infatti, cita Martinelli: "L’ultima sua frase è “la barca dell’amore si è schiantata con il grigiore del quotidiano“, ovvero è la barca dell’amore a sopravvivere". E vedere giovani a teatro fa sperare nel suo futuro: "Teste bianche in platea dicono la morte del teatro, che invece è Dioniso: dio della linfa vitale della natura, dell’estasi, della parte più istintiva dell’uomo. Il mio coro di ragazzi urlerà, canterà la poesia, riportandoci all’epoca d’oro del teatro, quando nelle rappresentazioni si mescolavano artisti e cittadini. All’Oscar staremo addosso al pubblico, lo faremo esplodere". Anna Mangiarotti