
Libri a confronto di Antonio Calabrò
Milano, 13 marzo 2016 - Cronaca nera e bandiere rosse. Omicidi e trame universitarie. Crimini per soldi e per disperazione. Un libro “giallo” o noir che dir si voglia sa di buona letteratura quando il delitto è la chiave migliore per raccontare le pieghe segrete dell’animo umano e indagare nei contrasti degli ambienti sociali. Nelle pagine de “La provvidenza rossa”, pubblicato da Sellerio, Ludovico Festa parte dall’omicidio d’una fioraia per accendere un faro spregiudicato e ironico sui miti e i riti della sinistra milanese degli anni Settanta. È l’autunno del 1977, stagione cupa, di tensioni politiche e sociali, di terrorismo e appassionate battaglie politiche. L’uccisione di Bruna Calchi, una militante del Pci, stroncata davanti al suo chiosco di fiori in via Procaccini, zona Sempione, da una raffica di una Mp40, la “maschinenpistole” in dotazione alla Wermacht durante la guerra, scatena una serie di allarmanti domande. Tra i magistrati e i poliziotti che indagano sul caso. E tra i militanti e i dirigenti del Pci, che avviano un’inchiesta parallela. Cosa nasconde, quel delitto? Trame di destra? Retroscena mafiosi, legati al mercato clandestino dei fiori? Strani movimenti su un traffico di armi sequestrate ai tedeschi e nascoste per anni dai partigiani? La fine non si rivela. Vale semmai la pena dire che Festa usa il delitto per mettere in luce burocrazie, doppiezze, stili di lavoro e di vita d’un Pci che lui stesso, da dirigente, ha conosciuto bene e per trovare le radici di difetti che ancora affliggono la sinistra contemporanea. Dalla politica all’università. Nelle pagine de “E senza piangere” di Pier Luigi Celli, per Tea. Tutto comincia con la scomparsa dell’anziano professor Brandi, un accademico di gran prestigio, amato dagli studenti ma detestato dai colleghi.
Le sue tracce si perdono in una mattina nebbiosa, lungo il tragitto abituale tra casa e università. Dov’è finito? “Mancherò qualche giorno… Devo fare qualcosa”, aveva detto alla moglie. Ma i giorni diventano tanti. E quel “qualcosa” si trasforma in mistero. Il Senato accademico mette sulle sue tracce due investigatori di dubbia fama. Un’altra scomparsa. E un morto. Arriva la polizia, con le indagini dell’irriverente commissario Guglielmi. E quell’investigazione svela lotte di potere accademico, interessi che s’intrecciano con la politica e gli affari, rivalità che squassano “meccanismi di potere. Macchie di sangue, sui contrasti della cultura. Ah, i commissari impiccioni… Come Rocco Schiavone, il protagonista della fortunata serie di Antonio Manzini per Sellerio (da “Pista nera” a “Era di maggio”). Qui, in “Cinque indagini romane per Rocco Schiavone” il vicequestore, alla vigilia del suo trasferimento “in punizione” ad Aosta (scenario degli altri romanzi) si trova a dover fare chiarezza su crimini apparentemente banali: un barbone colpito a morte, una strada rapina, la vendetta per un vecchio tradimento d’amore e altro ancora. Rocco è uomo inquieto, scorretto, con comportamenti talvolta al limite della legalità. Ma anche simpatico. Con un fondo di bontà d’animo che basta poco a far emergere. E il delitto è spesso spia d’una profonda infelicità, personale e sociale. Come, passando da Roma a Parigi, racconta Léo Malet, straordinario scrittore, in “Le acque torbide di Javel”, per Darkside di FaziEditore. Periferia sordida, un operaio scomparso lasciando in miseria una compagna incinta, un prezioso portaprofumi d’oro, una ragazza disinvolta. E Nestor Burma, investigatore privato ruvido e generoso, che accende la pipa e, nel freddo, fuma e cerca di capire…
di ANTONIO CALABRO'