
Libri a confronto di Antonio Calabrò
Milano, 3 aprile 2016 - La trappola dello sviluppo? Le diseguaglianze economiche e sociali, crescenti, tra una minoranza di ricchi e super-ricchi e la stragrande maggioranza della popolazione. All’interno dei paesi più avanzati. Ma anche tra aree del mondo. È la denuncia che viene da Papa Francesco, critico severo della ricchezza facile e dello spreco. E da qualificati esponenti del mondo economico. “La grande frattura”, scrive Joseph E. Stiglitz, premio Nobel per l’economia 2001, per Einaudi, ricordando, sulla base dei dati di Oxfam, che “il primo 1% degli abitanti del pianeta possiede quasi la metà della ricchezza mondiale”. Una “frattura” evidente anche negli Usa, un tempo patria del benessere diffuso e adesso invece in piena crisi da “declino della classe media”: “La tipica famiglia americana oggi sta peggio di 25 anni fa, tenendo conto dell’inflazione”. E i divario di redditi, opportunità e dunque libertà di scelta tra una ristretta minoranza di magnati della finanza e dell’economia e la stragrande maggioranza dei cittadini tende ancora ad aumentare, complice un sistema fiscale che “aiuta i ricchi a esserlo sempre di più”. Si pongono questioni economiche (la restrizione della platea che alla propria prosperità e a fondate aspettative di miglioramento dei redditi, fa crescere il mercato interno senza ricorrere al boom del debito), ma anche sociali e, perché no?, di democrazia. E si allarga la crisi dell’antico “primato americano” basato sul sogno del benessere “aperto a tutti”: “Un modello economico che non serve alla maggioranza dei suoi cittadini difficilmente può assumere il ruolo di modello da emulare per altri paesi”.
Servono riforme, dunque. E riequilibri. Eppure, a dispetto di ogni critica, i padroni dei soldi continuano a suscitare attenzione e curiosità. Come racconta John Kampfner in “Storia dei ricchi” – Dagli schiavi ai superyacht, duemila anni d’ineguaglianza -, Feltrinelli: le storie di Marco Licinio Crasso, maestro d’intrighi, speculazioni e affari spregiudicati nella Roma di Cesare, di Cosimo de’ Medici, di Luigi XIV “il Re Sole”, dei Krupp e di Andrew Carnegie e, oggi, le vicende di sceicchi e oligarchi russi, banchieri e speculatori della finanza avida. “I cento miliardari più ricchi del mondo nel 2012 avevano un reddito di 240 miliardi di dollari, quattro volte la somma necessaria a spazzar via la povertà globale estrema”. Ma il fisco che dovrebbe essere intelligente riequilibratore e la politica giocano sempre a loro favore. Un errore, però, confondere economia con speculazione. Perché quel mondo, oltre che di patrimoni immensi (e di squilibri) è denso di intelligenza, creatività, ansia positiva di innovazione e, perché no? voglia di successo e, in molti casi, di impegno a produrre e diffondere ricchezza. Lo racconta bene John Brooks in “Business Adventures” - Otto storie classiche dal mondo dell’economia - Einaudi, un libro degli anni Sessanta riscoperto e rilanciato da Warren Buffett, esemplare uomo d’affari e da Bill Gates, lungimirante patron di Microsoft: scoperte ed errori, senza mai indulgere al mito dell’imprenditore e del supermanager, ma raccontando con chiarezza i fattori che hanno fatto grandi (ma anche fragili) imprese come la Ford o la Xerox. E il mondo pubblico? Conta moltissimo, come documenta Silvia A. Conca Messina in “Profitti del potere” - Stato ed economia nell’Europa moderna - Laterza: lo Stato che organizza eserciti e burocrazie, finanzia cantieri navali, vara politiche mercantilistiche, conquista parte del mondo per gli affari dei suoi imprenditori. Ricchezze in espansione, appunto.
di ANTONIO CALABRO'