«L’ultimo arrivato» è primo al Campiello, il romanzo del bollatese Marco Balzano

"Ho sentito l’esigenza di raccontare la vita dal basso". Insegnante di lettere, autore di libri e video, ha capovolto il pronostico che dava per vincitore Antonio Scurati di Luisa Ciuni

Marco Balzano

Bollate, 13 settembre 2015 – Un Campiello non arriva tutti i giorni, anzi. Se sei un insegnante che vive a Bollate e ha lavorato al liceo «Falcone e Borsellino » di Arese fino a tutto il 2014, di vincerlo non riesci neanche a immaginarlo. Se poi il tuo libro si chiama «L’ultimo arrivato» (Ed. Sellerio), c’è da pensare che il titolo del libro rifletta la tua realtà più di molte altre cose. Invece questa sera a Venezia Marco Balzano ce l’ha fatta. Centosette voti sui 282 pervenuti dalla giuria popolare di 300 lettori. Alla faccia di chi, alla sua candidatura, non ha ritenuto credibili le possibilità di successo. Di chi dava per certa la vittoria del «gigante» Antonio Scurati con «Il tempo migliore della nostra vita» (Ed. Bompiani), giunto secondo (75 preferenze). Sembrava Davide contro Golia. Ma è andata bene.

Terzo posto a Carmen Pellegrino con «Cade la terra» (Giunti) a 35 voti. Moglie e figlia (piccolissima) a Bollate, Balzano che è nato nel 1978 a Milano dove si è laureato in Lettere, non si è mai fatto fermare dal tran tran della vita da insegnante. Ha scritto due romanzi prima de «L’ultimo arrivato» e un saggio, oltre a partecipare in modo molto vivo alle tante iniziative culturali di cui l’hinterland è ricco. Le soddisfazioni non gli sono mancate, le sue opere sono tradotte anche in tedesco ma, malgrado l’interesse degli addetti ai lavori, non ha avuto il riscontro di stampa che meritava.

Video molti, questo è vero. Forse un mezzo di comunicazione più vivace, più adatto alle sue peculiarità. Una trama furba quella del volume vincitore. Che va all’indietro nel tempo, cercando nella nostra immigrazione recente, storie e drammi da raccontare. Il protagonista del volume - Nino, detto Pelleossa - viene mandato ancora bambino dal padre dalla Sicilia al Nord alla ricerca di fortuna. O, per meglio, dire alla ricerca di una maniera per sfuggire al destino di bracciante a giornata, alla miseria, alla mancanza di futuro. Balzano, però, non ha fatto autobiografia, non ha attinto da ricordi familiari «I miei genitori - ha detto alla nostra Claudia Cangemi in un intervista al nostro giornale pubblicata a maggio subito dopo la candidatura al Campiello - sono pugliesi, ma io sono nato e vissuto a Milano dove ho potuto studiare e diventare insegnante. Ma ho sentito l’esigenza di raccontare la vita dal basso». La cronaca ha mostrato di recente quanto sia terribile l’immigrazione infantile. Balzano ne ha fatto un libro in cui cerca di fare capire al lettore lo stupore degli occhi di chi vede il treno e la macchina per la prima volta, la meraviglia e l’ingenuità dei sogni di chi cerca di evadere dalla miseria e ha piccoli desideri di una vita migliore. Che resistono anche se ti chiamano «Napoli», se fa freddo e a soli 9 anni non hai una famiglia dove rifugiarti e nessun orizzonte che non sia di fatica e lavoro. Una storia antica. Purtroppo ancora molto attuale