
Mariah Carey durante uno show
Milano, 14 aprile 2016 - Golden lady. Salendo sull’aereo per l’Europa, Mariah Carey ha assicurato la voce (e le gambe) per 70 milioni di dollari. E basta assistere ad una tappa del Sweet Sweet Fantasy Tour che sabato la deposita sotto i riflettori del Forum di Assago per capirne il motivo: corde vocali e cosce, infatti, valgono metà dello show. Scollacciata e vibrante come d’abitudine, l’interprete di “Hero” ritrova il pubblico milanese dopo tredici anni d’assenza. Era dai tempi dell’album “Charmbracelet”, infatti, che non rimetteva piede di qua dall’Atlantico per cantare.
Il suo ultimo giro di concerti planetario “Angels Advocate Tour 2009-2010” s’era tenuto alla larga dall’Europa così come il predecessore, quel “ The Adventures of Mimì Tour” approdato a Tunisi senza attraversare il Mediterraneo. Nel 2014 l’interprete di Huntington s’era imbarcata nel “The Elusive Chanteuse Show”, ma solo per cantare in Asia e in Oceania. Bizzarrie da diva che ribadiscono, però, quanto fuori dagli Stati Uniti la sua popolarità continui a godere di alti e bassi, confinandola gra parte del tempo nei casinò del Nevada e a New York, per gli ormai abituali concerti natalizi al Beacon Theater. Tant’è che pure questa rentrée nel vecchio continente si ritaglia un posto nel calendario di repliche stanziali che la Carey ha in programma fino a settembre al Caesar’s Palace di Las Vegas, dove già dallo scorso anno aveva sostituito la Dion, impossibilitata a proseguire le rappresentazioni del suo “Céline” a causa della vedovanza. Nell’ultimo decennio ad allentare i tempi dell’attività professionale di Mariah ci ha pensato soprattutto la sua burrascosa vita privata, segnata dall’incontro con il rapper-attore Nick Cannon durante le riprese del video di “Bye bye” sull’isola di Antigua, il matrimonio alle Bahamas, la nascita dei gemelli Monroe e Maroccan, il divorzio e il fidanzamento con il re dei casinò James Packer; guarda caso un milionario (3,23 miliardi di dollari la fortuna stimata dalla rivista Forbes) che come promessa nuziale le ha regalato un solitario da 35 carati. Dieci milioni di dollari o giù di lì, assicurano i beneinformati. Per Mariah l’imprenditore australiano è l’ultimo di una lista che va dal modello americano Christian Monzon a quello svedese Marcus Schenkenberg, da Eminem a Luis Miguel, dal manager Mark Sudak al presentatore Jamie Barker Theakston, a… Flavio Briatore. Ma lei, l’angelo imperfetto, come si definisce nel titolo di un album, è fatta così.
Alcuni se la ricordano ancora quando a Milano, appena ventitreenne, armata di cellulare terrorizzava gli addetti della sua casa discografica tirando giù dal letto il primo marito Tommy Mottola, allora potentissimo boss della Sony Music, anche per un cappuccino macchiato male. O quando, ai tempi del flirt con l’interbase dei New York Yankees Derek Jeter (un altro della lista), lasciava a bocca aperta i giornalisti ammettendo candidamente di aver “imparato ad usare la mazza”, o, ancora, quando li riceveva nella sua suite d’albergo in Piazza della Repubblica sdraiata sul letto per i postumi di una serata in cui aveva ecceduto con i frutti di mare. Il suo modo di essere Mariah, la diva della porta accanto. O quasi. Poi però ci sono le cinque ottave di estensione vocale, i 200 milioni di dischi venduti, i 18 primi posti nella classifica americana, i 5 Grammy, che ne fanno una delle artiste di maggior successo di tutti i tempi. E una delle meglio pagate, a giudicare dai 27 milioni di dollari messi a bilancio lo scorso anno. “Hero”, “Fantasy”, “Always Be My Baby”, “We Belong Together”, sono pezzi che tutti hanno cantato ai suoi concerti, ma il repertorio di questo Sweet Sweet Fantasy Tour recupera pure canzoni poco frequentatequali “Loverboy”, “I know what you want”, “Against all odds (take a look at me now)” (la mega hit di Phil Collins portata al trionfo pure da lei in condominio con i Westlife), o “When you believe”. Un ritorno in Europa col sorriso a metà. Il 27 marzo, infatti, Mariah avrebbe voluto festeggiare il suo 46° compleanno tra il pubblico, sul palco del Forest National di Bruxelles. Ma il destino (e le bombe jiahdiste) hanno deciso diversamente.