DIEGO VINCENTI
Cultura e Spettacoli

Mozart punk nel labirinto di Salieri: "È l’apologo dell’invidia per il genio"

Ferdinando Bruni all’Elfo con “Amadeus“, tratto dal testo di Shaffer (come il film di Forman). Costumi Marras

Ferdinando Bruni all’Elfo con “Amadeus“, tratto dal testo di Shaffer (come il film di Forman). Costumi Marras

Ferdinando Bruni all’Elfo con “Amadeus“, tratto dal testo di Shaffer (come il film di Forman). Costumi Marras

"Era un punk e viveva a Vienna, nella grande città, dove ha fatto di tutto anche se aveva i debiti perché beveva. Ma le donne lo amavano e gridavano: come and rock me Amadeus!" Sembra quasi di sentirlo, il riff al sintetizzatore. Così inconfondibile. Era il 1985, Falco (grandissimo) era nel suo massimo splendore, dopo il successo di Der Kommissar, mentre l’anno prima era uscito il film di Milos Forman tratto dall’opera di Peter Shaffer: otto premi Oscar e il mondo che improvvisamente guardava a Mozart come una specie di superstar maledetta ante litteram, votata alle donne e all’autodistruzione.

Un’icona. E infatti ancora oggi basta in qualche modo il titolo per scatenare una certa fascinazione: “Amadeus” di Ferdinando Bruni e Francesco Frongia, nuova produzione dell’Elfo Puccini, in prima assoluta dal 21 gennaio in Sala Shakespeare. Locandina solidissima. Con, finalmente, il ritorno alle scene dello stesso Bruni affiancato da Daniele Fedeli nel ruolo del protagonista. Ovvero, uno dei talenti più belli della sua generazione, come si è più volte visto negli spettacoli di Phoebe Zeitgeist e nel fortunatissimo “Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte”, sempre qui all’Elfo (e a marzo tornerà per “Love-Lies-Bleeding” di Giuseppe Isgrò, da DeLillo). Con loro Valeria Andreanò, Riccardo Buffonini, Matteo de Mojana, Alessandro Lussiana, Ginestra Paladino, Umberto Petranca e Luca Toracca. Mentre alla base del progetto si ritrova il testo di Shaffer, che all’epoca aveva sbancato i Tony Award, oltre ai botteghini di Londra e New York. Dove Wolfie è appunto descritto come un geniale erotomane, sboccato e nottambulo. Impossibile non adorarlo. Con il maestro Salieri a morire invece d’invidia, decidendo di ostacolarlo in mille modi. Forse addirittura di ucciderlo. In nome di tutti i mediocri di questo mondo. Ma è solo una leggenda. Romantica. Deflagrata già nell’Ottocento con Puskin.

"Peter Shaffer inventa un capriccio allucinato e sontuoso – spiegano gli autori –, un apologo che parla dell’invidia, ma anche dell’ammirazione mista a sgomento che ci prende al cospetto di un genio che supera i confini laboriosi e prevedibili del talento. La scena è un salone che il delirio di Salieri trasforma in labirinto. Il ritratto di un passato non più ricomponibile attraverso la ragione, dal quale i personaggi emergono come marionette, vestite dagli abiti di un ‘700 immaginario creato da Antonio Marras, sullo sfondo delle proiezioni fantasmagoriche di una lanterna magica". Sempre molto stile nelle ultime produzioni dell’Elfo. Figurarsi qui, per uno dei titoli più attesi della stagione. Non solo in corso Buenos Aires. Repliche poi fino al 2 marzo. Tenitura lunghissima che sa di altri tempi. Bel segnale.