
I Nomadi oggi: con Carletti Cico Falzone, Vecchi, Reggioli, Cilloni, Inguaggiato
Legnano, 18 aprile 2025 – Per sempre Nomadi. Nei borghi d’Italia. Sfidando l’inclemenza meteo di una primavera capricciosa, l’epopea di “Io vagabondo” sbarca questa sera in piazza San Magno a Legnano, primo assaggio (sotto le stelle, si spera, ma senza troppa convinzione) di una lunga stagione sulla strada che porta Beppe Carletti & Co. al parco Oasi Fiorita di Villongo (Bergamo) il 21 giugno, al Castello di Vigevano il 18 luglio, alla Festa Avis di Ospitaletto Mantovano il 21 e al Campo Sportivo di Morengo (Bergamo) il 2 agosto.
Il più recente album dei Nomadi “Cartoline da qui” è del 2023, mentre l’ultima fatica solista dei Carletti dell’anno precedente (“Sarà per sempre”), ma il cofondatore della band ultrasessantenne è appena tornato in libreria con “Soldi in tasca non ne ho… ma lassù mi è rimasto Dio”, agile volumetto (accompagnato da due cd) scritto assieme a quel Marco Rettani con cui nel 2018 aveva già pubblicato “Questi sono i Nomadi e io sono Beppe Carletti”. Due sguardi al passato intervallati, un paio di anni fa, dal romanzo “Una voglia di ballare che faceva luce”, mandato in libreria con la complicità di Gianluca Morozzi.
Carletti, la storia dei Nomadi, “il più longevo gruppo al mondo dopo i Rolling Stones”, continua a rivelarsi un pozzo senza fondo.
“In sessantadue anni di cose ne sono accadute e c’è sempre qualcosa in più da ricordare o da focalizzare meglio. Questo, ad esempio, è un libro che scorre via bene, leggibile pure a capitoli: perché ognuno racconta una sua storia”.
Può fare, allora, un identikit dei Nomadi con soli tre capitoli ad un ragazzo della Gen Z che non li conosce?
“Prenderei innanzitutto quello sull’inizio di questa nostra straordinaria avventura, ma anche quello sulla collaborazione con Francesco Guccini, compresa la vicenda di “Dio è morto“, censurata in Rai, ma passata senza problemi dalla Radio Vaticana. Per capire chi siamo, però, non puoi non leggere il capitolo sulla scomparsa di Augusto (Daolio, ndr), che ha finito col rendere necessariamente l’avventura di cui sopra ancora più “avventurosa“”.
Com’è cominciata?
“A Modena c’erano due locali di punta, l’Eden e il Piccolo Eden. Il sogno proibito di tutti noi emiliani che iniziavamo. I Nomadi sono diventati i Nomadi suonando lì, ma anche per due mesi a Levico Terme e, per ben 77 giorni, al Frankfurt Bar di Riccione”.
Un fan che conosce a menadito la vostra storia, in quale parte del libro potrebbe sorprendersi?
“Leggendo il capitolo sullo spirito nomade. Che non è solo quello di noi sei che andiamo in scena oggi, ma quello di tutti e venticinque i musicisti confluiti nella storia del gruppo dal ’63. Tutti hanno dato qualcosa a questo gruppo perché, appunto, è lo spirito che conta. Guardando alle cose della canzone, quelli che l’hanno manifestato con maggior coerenza, oltre ai Nomadi, sono stati probabilmente Camaleonti e Dik Dik. Forse perché nati tutti e tre nello stesso periodo. Augusto diceva che il gruppo è famiglia. Per questo, nonostante le lusinghe, non se n’è mai andato. Scelta che condivido perché, a ben guardare, nella storia della canzone italiana di casi Cremonini, riuscito nell’impresa di avere da solo lo stesso successo di quando stava nei Lunapop, ce ne sono stati davvero pochi”.
Oggi i gruppi nascono già con la data di scadenza?
“Temo proprio di sì. Per problemi di convivenza e ambizioni personali. Per tutta la durata de nostro sodalizio io e Augusto abbiamo inciso fuori dal gruppo solo qualche 45 giri; io con lo pseudonimo “Nemo“ e lui per la colonna sonora del film “La ragazza di Via Condotti“, su richiesta del maestro Enrico Simonetti. Nient’altro. Una volta c’erano le balere e la voglia di suonare a tenere assieme i complessi. Oggi le priorità sono altre e se non fai subito successo è finita”.