PIERO DEGLI ANTONI
Cultura e Spettacoli

Oblivion, il folle juke box di canzoni tutte da ridere

Lorenzo Scuda, Davide Calabrese, Francesca Folloni, Graziana Borciani e Fabio Vagnarelli si raccontano

Gli Oblivion

Milano, 31 gennaio 2017 - Un concerto degli Oblivion è un Helzapoppin della musica. Si autodefiniscono “The Human Jukebox” o uno “Spotify vivente”. Il pubblico chiede, loro eseguono, naturalmente a modo loro, cioè stravolgendo testi e melodie in forma parodistica. Sono Lorenzo Scuda, Davide Calabrese, Francesca Folloni, Graziana Borciani e Fabio Vagnarelli.

«Non siamo improvvisatori di mestiere», specifica Scuda, «ormai abbiamo decine e decine di canzoni in repertorio».

Come fate a ricordarvi tutti i brani?

«A forza di eseguirli vengono in modo spontaneo. Certo, se poi uno ti chiede Marco Ferradini ed è due mesi che non lo fai, può capitare di incappare in una figuraccia. Come rimedio, quando facciamo il soundcheck ripassiamo i pezzi che ricordiamo di meno. Poi c’è sempre qualcuno che cerca di fare il furbo, e nei bigliettini delle richieste scrive “Cristina D’Avena”. Allora abbiamo vari modi per svicolare, uno dei quali è mandarli aff...»

Ci sono brani particolarmente difficili da rielaborare?

«Siamo democratici, bastardi con tutti. Ci inventiamo brevi monologhi con situazioni assurde, per esempio Noemi che canta coi polipi in gola, o Mengoni con la camicia di forza. Io per esempio tutte le sere devo fare Albano, e non vedo l’ora che finisca perché non ce la faccio ad arrivare in fondo... Però siamo come i vitigni di qualità, solo 4 piante in un ettaro, così noi scriviamo 200 pezzi e ne buttiamo 150».

Qualche bestia nera?

«I Pooh. Era una fissa di Davide, ci abbiamo provato per vent’anni senza trovare uno spunto buono. Adesso finalmente ci siamo. Ci sono alcuni artisti attorno a cui giriamo per anni come avvoltoi. Un conto è affrontare Rovazzi, basta una cavolatina qualsiasi, ma di fronte ai mostri sacri senti una certa responsabilità.»

Il brano che dà più soddisfazione?

«Per quanto mi riguarda, Alex Britti. Perché sono chitarrista e finalmente posso suonare e cantare da solo senza rotture di scatole da parte degli altri... Il nostro brano di Britti si chiama ’Oggi stono io’, ed è difficile, perché devo suonare bene e contemporaneamente cantare stonato...»

Qualcuno si è mai lamentato delle vostre prese in giro?

«Il fatto è che non vengono mai a teatro, a teatro ci vanno solo gli sfigati, non i cantanti famosi. Tranne alcuni, come Fiorello che ci ha invitato, o Giuliano Sangiorgi che si è molto divertito alla sua parodia, lo abbiamo interpretato mentre intona uno jodel per prendere in giro quel suo particolare modo di cantare».

Quando andate a teatro in platea, cosa andate a vedere?

«Io e Francesca abbiamo un bambino di 8 mesi, anche se siamo anziani (40 anni) quindi ci andiamo molto raramente. Di solito, comunque, vediamo musical. Tra quelli più recenti mi sono piaciuti “Once”, tratto dal film, e “Hamilton” su un patriota del 1700, tutto però a ritmo di rap, strepitoso vedere George Washington che rappa. Come se noi facessimo un Cavour tutto rappato. Primo o poi ci arriveremo».