Ballerina e coreografa, Anna Olkhovaya da 13 anni insegna Danze storiche all’Accademia di balletto della Scala. Dove oggi alle 15.30 i suoi allievi mettono in scena “Lalla e Skali e… gli elfi di Babbo Natale“: coreografia sua, regìa di Mario Acampa, è uno spettacolo per i più piccoli. Il pubblico di domani.
Olkhovaya, perché si parla di “danze storiche”? "Compaiono spesso nei quadri, sono le danze delle corti europee che nel tempo sono state trasformate per dare una base alla danza classica. A partire dal Quattrocento italiano i maestri iniziano a trascrivere le tracce, i passi che creano. Nel 1581 Fabrizio Caroso pubblica “Il ballarino”, un trattato di danza, in cui si parla di movimenti, fra cui un salto “intrecciato”; oggi si chiama entrechats”, sono piccole batterie. In questo testo abbiamo già un’idea precisa della divisione degli spazi, delle tecniche, della stessa rotazione dei piedi. Regole che, successivamente, vengono canonizzate in Francia".
Lei è laureata all’Accademia di danza classica di Mosca e ha debuttato al Bolshoi. "Ho iniziato a studiare danza molto piccola, la mia scuola mi ha fatto capire che è una disciplina, non solo un’arte. È importante conoscere le basi teoriche, storiche ma è altrettanto importante che un maestro sappia trasmettere l’espressività del corpo. La mia maestra a Mosca mi diceva: “Devi ricordare tutto perché un giorno lo trasmetterai ad altri”. Mi piace anche insegnare a ballerini non professionisti, a volte danno risultati sorprendenti. La danza mi ha insegnato la chiarezza".
E Milano cosa le ha insegnato? "A sognare in grande: è una città in cui tutto sembra possibile. Ti stimola a conoscere, studiare. I primi tempi andavo spesso a teatro, al Piccolo: amo la prosa, i vostri attori. E poi la Scala, l’opera, la stagione sinfonica. Milano è la mia seconda città natale, qui sono rinata artisticamente".
C’è un luogo in cui si rifugia? "Il tetto del Duomo. I primi anni entravo tutti i giorni in Cattedrale, adesso meno perché è sempre affollata. A Mosca ho studiato Storia dell’arte, quando in un libro ho visto l’immagine del Duomo sono rimasta incantata".
Come è arrivata a Milano? "Ho lasciato Mosca per un desiderio di conoscenza, d’avventura. Ho amato molto la Francia, Parigi, ma Milano era la città che stavo cercando. Sono arrivata per frequentare un master all’Accademia, e ho capito che volevo insegnare. Non parlavo ancora la vostra lingua ma la studiavo con tenacia; volevo arrivare a pensare in italiano, non più tradurre dal russo ogni pensiero".
Da nove anni collabora con il regista Davide Livermore. "È un onore essere stata scelta da lui: alle sue audizioni si presentano tantissimi mimi, ballerini, attori professionisti, non vuole comparse. Lavora molto sul movimento, su di me ha sperimentato gesti, coreografie".