DIEGO VINCENTI
Cultura e Spettacoli

Pia Lanciotti oltre “Mare fuori“: "Torno al Piccolo, dove iniziò tutto"

L’attrice in scena con “Semidei“, riscrittura dei miti greci: "Spettacolo con una leggerezza profonda"

Pia Lanciotti (50 anni) nella serie tv “Mare fuori“ interpreta Donna Wanda

Pia Lanciotti (50 anni) nella serie tv “Mare fuori“ interpreta Donna Wanda

Attrice. Non poteva che esserci scritto così sulla carta di identità. Con quello sguardo intenso. Quasi antico. E un talento a proprio agio un po’ ovunque. Perfino da camorrista per “Mare fuori“. Sarà per quello che piace così tanto Pia Lanciotti, in questi giorni al Piccolo Teatro Studio con “Semidei“, riscrittura dei miti intorno alla guerra di Troia firmata da Pier Lorenzo Pisano. Proprio lì, dove tutto è iniziato. Alla Scuola diretta da Giorgio Strehler. Prima dei lavori con Ronconi, Peter Stein, Nekrosius, Tolcachir. E tanta televisione.

Pia Lanciotti, partiamo da “Semidei“. "Un testo bellissimo, con una sua leggerezza profonda. Si parla dell’infanzia e della tragedia dell’uomo, anche se protagonisti sono gli dei, nostre proiezioni. Fa pensare a come ci siamo dimenticati di quanto possiamo essere potenti. Io interpreto Teti, madre di Achille. Ed Ecuba, donna che ha patito la desertificazione della sua vita, della sua gloria, del suo mondo".

Era un po’ che non passava dal Piccolo. "Un paio d’anni. L’ultima volta ero qui per l’Arlecchino. È bello tornare. E poi lo Studio è il teatro della Scuola, ricordo quando mi ci intrufolavo per vedere le prove, la ripresa del Faust, Giulia Lazzarini che in qualche modo veniva sempre fatta volare".

Quando decise che sarebbe stata la sua strada? "A quattro anni, davanti alle grandi commedie musicali: ’That’s Entertainment!’, ’Un americano a Parigi’. Volevo cantare e ballare, nient’altro. E così cominciai con la danza e con il liceo linguistico, per imparare bene l’inglese. Fino a quando spuntò sul giornale un trafiletto in cui si diceva che Strehler apriva una scuola a Milano. Mia madre chiamò in redazione per farsi dare il numero di telefono e il bando del Piccolo, funzionava ancora così".

Quanto è rimasta legata a Milano? "Mi è rimasta familiare, qualcosa a cui appartengo, per quanto sempre alla mia maniera. Perché visceralmente io mi dono alle persone, non ai luoghi. Ma ci sono spazi in cui si respirano ancora tracce degli incontri fatti, dei legami tessuti e poi spezzati. E sono questi fantasmi a fare la differenza. Se no i luoghi sono luoghi".

Chi è stato importante lungo questo percorso? "Strehler, l’unico che ho deciso di chiamare maestro. Almeno fino a quando non ho conosciuto Nekrosius che mi ha cambiato il rapporto con il mondo e con il visibile. Donnellan mi ha insegnato un teatro più vario, che nasce dal dentro e non dalle norme, costruito sul gioco. E poi Carmine Elia, primo regista di ’Mare fuori’, e Alberto Sironi che mi volle in tv. Ma in questi anni è stato poi fondamentale l’incontro con Ivana Chubbuck, coach americana. Mi ha accompagnato a un equilibrio nuovo fra professione e vita".

Come si trova nei panni di Donna Wanda di “Mare fuori“? "È un ruolo che amo. E per quanto sembriamo differenti, in realtà siamo molto simili nel profondo. Per funzionare ci deve sempre essere qualcosa che risuona".

Ma le piace la tv? "Molto, ne farei anche di più. Come per il cinema. Forse in generale mancano però un po’ di grandi storie, di scritture vaste. Se no è difficile reggere il confronto con il teatro, con Shakespeare o Cechov".

C’è qualcosa che avrebbe fatto diversamente? "No, col tempo però ho imparato a difendere il mio perimetro: se qualcuno ha intenzione di invaderlo lo fermo sulla porta, con grazia e fermezza".

Si sente un po’ diva? "Assolutamente no! È solo che mi piacciono i classici e ho questo portamento legato alla danza. Lavo perfino i piatti sulle mezze punte".