GRAZIA LISSI
Cultura e Spettacoli

"Papà suonami Bach", Bahrami racconta

Il pianista presenterà il suo ultimo album da Eataly alle 18

Ramin Bahrami

Milano, 14 febbraio 2017 - I suoi primi "anta", Ramin Bahrami li celebra con un amico prezioso che lo segue da sempre, Johan Sebastian Bach. Pianista di fama internazionale, iraniano, cresciuto artisticamente fra l’Italia e la Germania dove attualmente risiede, presenta da Eataly, alle ore 18, il suo nuovo album “40 anni con Bach” (Decca). Un viaggio a ritroso nella sua carriera e una grande festa di compleanno nel nome del genio di Lipsia. Simpatico e chiacchierone, l’ex bambino prodigio confida di aver compiuto gli anni qualche settimana fa. «Come si fa a non festeggiare il giorno di San Valentino», dice... E la pianista Marialuisa Veneziano, sua moglie, approva.

Cosa dona agli innamorati Bach? «La sua musica è per chi ama, c’è dialogo, intreccio di culture, il rispetto per ogni voce. Di fronte a Bach siamo tutti piccoli. È il Platone della musica, il maestro della profondità, è una preghiera verso Dio».

Cosa deve al compositore? «L’opportunità di aver lasciato il mio paese per studiare pianoforte. Tanti incontri importanti, attraverso la sua musica ho conosciuto nuovi amici e persone significative per il mio percorso artistico».

Chi vuole ringraziare? «I miei genitori che hanno sempre ascoltato musica. Quando avevo cinque anni un’amica ci regalò le “Variazioni Goldberg” incise da Glenn Gould, conoscerlo mi ha cambiato la vita. Mio padre, di origini tedesche aveva una formazione scientifica ma suonava il violino, quando fu accusato dal regime di Khomeini di aver collaborato con lo Scià venne incarcerato ed ucciso. È terribile e ingiusta la sua fine, Bach è stata la mia consolazione. Ringrazio mia madre, una donna coraggiosa che ha lasciato il suo paese per venire in Europa con me ed ha cominciato una nuova vita, e i miei fratelli che hanno sopportato la separazione. Mia moglie che mi incoraggia e la nostra bimba che fra le prime parole pronunciate ha detto: Bach. I miei insegnanti, fra cui Piero Rattalino, e poi il pubblico che mi segue, le tante persone con cui ho lavorato, la mia casa discografica che si è sempre fidata di me».

Quando ha capito che sarebbe stato un pianista? «A sette, otto anni sognai un castello, all’interno mi aspettava Bach, ricordo che facemmo una lunga passeggiata e che mi consigliò di studiare le Variazioni. Meglio di così non mi poteva capitare!».

Quali immagini conserva di Teheran? «I colori, i suoni, i profumi delle spezie, quel senso di fiaba da “Mille e una Notte” che avvolge la città. Bach era “quasi” un mesopotamico come me, nell’impero persiano convivevano più di ottanta etnie differenti e vivevano senza conflitti. L’antica Persia era una perfetta polifonia, la culla della civiltà, oggi è abbondonata, vittima di egoismi, ma sono felice di essere nato in quel paese. Ho due fratelli, uno vive ancora laggiù, l’altro è in Germania».

Anche sua moglie è musicista, vostra figlia condivide la stessa passione? «Shahim Maria, porta il nome delle due nonne, ha tre anni e promette bene. Quando canta vuole essere applaudita e a volte chiede di suonarle “ un po’ di Bach”».