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Milano - Il termine «rapper» a Marco Anastasio, in arte solo Anastasio, non dispiace, ma inizia ad andargli stretto. "Anche se il problema non è mio, ma di chi vuol incollarmi addosso un’etichetta" premette lui, fiero del suo status di ventiquattrenne di rapido ingegno e buone letture. Basta prendere il nuovo album "Mielemedicina", titolo ispirato ad una frase di Lucrezio, per trovare nelle domande esistenziali e nei lampi musicali dell’artista sorrentino è molto più di quanto propinato ogni giorno dal mercato. In "Dea dei due volti" affiora il rapporto di Baudelaire con la sua musa Jeanne Duval, mentre "Assurdo" è ispirata alla poesia di Bukowski "La tragedia delle foglie". "La carezza sognata è un miracolo azzurro e quella avuta è solo un vento di mano" dice un verso di "Magari" schiudendo il patrimonio letterario del poeta marchigiano Massimo Ferretti. Primo riscontro live, il 14 aprile al Fabrique. Dopo il debutto dell’album «Atto zero» è scomparso. "Mi sono fermato perché ho bisogno di metabolizzare molto quel che faccio e non mi piace forzare i tempi. Basta pensare che quel mio primo album l’ho inciso un anno e mezzo dopo essere uscito da X Factor. D’altronde ogni disco è il risultato di una fase della tua vita e ogni fase richiede una maturazione e un’elaborazione". Archiviata l’esperienza sanremese del 2020 con «Rosso di rabbia» aveva pensato di regalarsi il bis? "Sì. Avevo proposto ad Amadeus ‘Assurdo’, uscito poi come singolo, ma non è andata". Perché «Milelemedicina»? "Il miele aiuta a far arrivare l’amaro della medicina. Questo, infatti, è un disco in cui le sonorità accattivanti addolciscono un messaggio spesso amaro. Sulla copertina ho voluto un cuore ricoperto di miele per rappresentare un bisogno di dolcezza". In «Simbolismo» ci sono riferimenti alla passione di Cristo. "Mi piace guardare in quella direzione perché sono riferimenti molto evocativi e sanno toccare corde molto speciali; alcune parole parlano al sangue. Sono attratto dal linguaggio dei testi religiosi perché è solenne, evocativo, quindi molto forte dal punto di vista artistico". Nel disco suonano pure Stefano Bollani e Boosta dei Subsonica. "Con Bollani ci siamo conosciuti in tv, quando sono andato ospite nel suo programma ‘Via dei Matti numero 0’. Ci siamo entusiasmati all’idea di fare un pezzo jazz-rap e ‘Tubature’ è il risultato da questo nostro desiderio. Il piano di Boosta, invece, dà l’impronta a ‘L’uomo, il cosmo’" Il testo più complicato da scrivere? "Proprio quello de ‘L’uomo, il cosmo’, che ho concepito nell’arco di cinque anni. Dopo la prima strofa, infatti, mi sono lasciato impressionare dalla vastità del tema e per molto tempo non ho trovato le parole necessarie per proseguire".