"Vogliamo raccontare il mondo attraverso immagini in movimento, con un format inedito che incontri il favore di un pubblico trasversale di cinefili, e non solo". Chiara Agradi, 30 anni, curatrice della mostra Il Nostro Tempo, CinéFondationCartier (sino al 16 marzo) in Triennale svela la struttura di un’esposizione costruita interamente con film, video, corti, (a colori, in bianco e nero) di dodici artisti, opere alcune inedite per l’Italia. E si va da autori come Andrei Ujica, Agnès Varda, Jonathan Vinel sino al regista Wang Bing che con i suoi documentari svela la condizioni degli operai in Cina.
Triennale come un’agorà del cinema. Un programma ambizioso. Come l’avete strutturato con Fondazione e Piccolo America-Cinema Troisi?
"Ci sono proiezioni quotidiane in alcuni degli spazi di Triennale. E appuntamenti con grandi protagonisti del mondo del cinema contemporaneo. In mostra abbiamo undici opere installative e ogni sera dalle 18,30 c’è una proiezione gratuita (si paga ingresso in mostra,ndr) dei film. Un esempio? Pacification, Albert Serra; Atlantide, Yuri Ancarani; I saw the TV glow, Jane Schoenbrun; Eat the Night, Jonathan Vinel & Caroline Poggi. Ogni due settimane, poi, ci sono incontri. Avremo il 12 febbraio Yuri Ancarani (presenta il film Atlantide) e Fumetti brutti (pseudonimo di Josephine Yole Signorelli, ndr) fumettista e attivista italiana. Sarà l’occasione per parlare di giovani e cinema. Questi eventi sono l’occasione per legarci alle tematiche in mostra, che vanno da quelle ambientali sino alla geopolitica. Gettano uno sguardo sulla contemporaneità. Lavoriamo su due binari, le rassegne e gli eventi sono fatti per andare un pochino più in là della mostra e creare un legame con la città. Sino all’11 febbraio, ad esempio, è in corso la rassegna Werner Herzog e i quattro elementi naturali".
I cinefili prendano nota. Le opere fanno parte della collezione di Cartier Foundation?
"Sì attingiamo al ricco patrimonio della Fondazione, da sempre attenta alle urgenze del contemporaneo. Con lo scopo di non fare una mostra didattica ma di allargare lo sguardo per comprendere le grandi dinamiche che ci riguardano, favorire punti di vista diversi. Sono presenti autori brasiliani, coreani, cinesi, ci sono differenti geografie. Emerge forte, naturalmente, la questione ambientale. La domanda sulla direzione in cui stiamo andando ci viene da una parte del mondo, il Brasile, che ospita il polmone verde delle terra e vive quindi da vicino il dramma della deforestazione. Poi, la Cina. Il 19 febbraio avremo un incontro con Wang Bing (La caduta del cielo, ha realizzato un film di 15 ore, ndr) che ha fatto un importante lavoro sulla condizione degli operai cinesi".
Il messaggio della mostra? Siamo sull’orlo di una catastrofe?
"Malgrado la complessità della situazione il mondo ha ancora voglia di bellezza, speranza. Voglia di salvarsi. E infatti a conclusione del percorso ho scelto un film poetico, del regista armeno Artavazd Pelechian, un maestro assoluto del cinema di montaggio di immagini dal vivo, che riprende una scena di un parto. Se vogliamo, poco originale, ma ci sembrava un messaggio forte. Un film poetico, un inno alla vita. Una storia bellissima".