DIEGO VINCENTI
Cultura e Spettacoli

Re Lear e le figlie, torna la tragedia: Mariano Rigillo è il vecchio re

Il classico dramma shakespeariano dall'11al teatro Franco Parenti

Mariano Regillo interpreta il vecchio re shakspeariano

Milano, 11 ottobre 2016 - "Non metterti fra il drago e la sua rabbia". Così afferma già nel primo atto Re Lear. L’anziano sovrano ha deciso di abdicare e di dividere le terre fra le sue tre figlie. Ma prima le vuole sottoporre a una specie di concorsone: la figlia che dimostrerà di amarlo di più, otterrà la migliore porzione del Regno. Insomma, chi vuole più bene a papà? Idea pessima, come avrebbe capito chiunque. E se le sorelle Regan e Goneril non si fanno grossi problemi a perdersi in lodi sperticate per il babbo, la prediletta Cordelia è offesa alla sola ipotesi di prestarsi al giochino. E tutto va a schifio, anche perché la figliola decide di sposare il Re di Francia… Ruolo principe per qualsiasi mattatore, questa volta nei panni del protagonista si ritrova Mariano Rigillo, gran signore del palcoscenico (classe ’39) e da poco Direttore della Scuola di Recitazione dello Stabile di Napoli.

Che non a caso produce questo «Lear. La storia», da oggi per una settimana al Franco Parenti con Giuseppe Dipasquale a firmare adattamento, regia e scene. Solido teatro tradizionale. Con Rigillo affiancato da un nutrito cast: Anna Teresa Rossini, Sebastiano Tringali, David Coco, Filippo Brazzaventre, Silvia Siravo, Giorgio Musumeci, Luigi Tabita, Cesare Biondolillo, Enzo Gambino e Roberto Pappalardo. Difficile ultimamente vedere locandine così numericamente copiose. Ma Shakespeare si vede che affascina sempre. «Lear è parte del male, tanto quanto lo è del bene – sottolinea Dipasquale –, Lear è entrambe le facce di una irrisolta divinità. Già dalle prime battute del dramma abbiamo la visione di un re che agisce per predilezione. Eppure Lear si presenta al suo cerchio familiare come un re equo, che vuole dividere in parte eguali il regno. Salvo chiederne in cambio un atto di fede delle figlie. È qui l’ossimoro: saggiamente dispotico, umilmente tracotante, euforicamente tragico». Ci si muove fra antitesi. Le categorie di giudizio a mescolarsi, confondersi.

È un mondo di sfumature quello shakespeariano, dove la verità (presunta) emerge lenta fra le ombre. Da qui quella corona che diventa di spine, a simboleggiare un sacrificio da affrontare, dopo l’errore. Mentre si sviluppa la consueta riflessione sul potere e le sue degenerazioni. E nuovamente il Matto appare come l’unico savio. «D’accordo con Dipasquale ho letto Re Lear come una specie di Giobbe – sottolinea Rigillo –, un uomo segnato dall’età che, dinanzi al silenzio di Dio, non si ribella, anzi accetta tutte le vicissitudini procurategli dalle figlie, in attesa di una redenzione grazie a Cordelia. Per quello la sua è una corona di spine».

Non che Lear non abbia ruolo in queste vicissitudini. Anzi. Vuoi per superbia, vuoi per mancanza d’attenzioni (per così dire), tutto alla fine nasce da quella sua iniziale richiesta d’amore. Un amore da mercato. E quindi falso come certe monete. Da quel momento crolla tutto: il regno e la famiglia. In una degenerazione bellica e sanguinaria che non lascerà feriti. Per prima la stessa Cordelia, con Lear a morirle appresso, in quello che all’epoca fu considerato un finale (quasi) intollerabile. Possibile che quei due debbano uscir di scena in maniera così tragica? Cosa che spinse molti a trovare sotterfugi. O a lanciarsi in improbabili happy end. Con buona pace del Bardo.

Teatro Franco Parenti, in via Pier Lombardo, 14. Biglietti 40/32/25 euro. Info: 02.59995206.