ANDREA SPINELLI
ANDREA SPINELLI
Cultura e Spettacoli

Riecco il Banco del Mutuo Soccorso: "Meno progressive e più istinto"

Nuovo disco e tour per la band che ha scritto la storia del rock italiano: si parte il 7 marzo al Dal Verme. Vittorio Nocenzi: "Le nostre canzoni come fotografie veloci, perché la vita è fatta di attimi fuggenti"

Nuovo disco e tour per la band che ha scritto la storia del rock italiano: si parte il 7 marzo al Dal Verme. Vittorio Nocenzi: "Le nostre canzoni come fotografie veloci, perché la vita è fatta di attimi fuggenti".

Nuovo disco e tour per la band che ha scritto la storia del rock italiano: si parte il 7 marzo al Dal Verme. Vittorio Nocenzi: "Le nostre canzoni come fotografie veloci, perché la vita è fatta di attimi fuggenti".

Milano – C’è la Lombardia sotto la lente d’ingrandimento riprodotta sulla copertina del nuovo album del Banco del Mutuo Soccorso “Storie invisibili”. Una lente con la forma del celeberrimo salvadanaio sagomato cinquantatré anni fa sul dorso dell’album che ha dato origine all’epopea del gruppo romano, puntata sui cinque concerti messi in agenda da Vittorio Nocenzi & Co. per presentare quest’ultima fatica il 7 marzo al Dal Verme di Milano, il 24 al Gavazzeni di Seriate, il 28 al Sociale di Busto Arsizio, il 29 al Teatro di Varese e il 4 aprile al Cineteatro Lolek di Rezzato. Prima, però, incontro coi fans sul Naviglio (giovedì prossimo alle 18.30) tra gli scaffali di quel tempio del vinile che è Dischivolanti in Ripa di Porta Ticinese.

Nocenzi, la storia di questo nuovo album inizia da lontano. In quell’ “annus horribilis” del Banco che è stato il 2015.

"Già. La perdita di due colonne storiche quali Francesco Di Giacomo e Rodolfo Maltese e la mia emorragia cerebrale sembravano aver seppellito definitivamente la storia del gruppo. Siccome il destino è già scritto, però, evidentemente non era ancora il mio momento. E’ stata la grande reazione popolare davanti a questi rovesci a farmi capire che c’era ancora del cammino da fare. Per come la vedo io, infatti, l’enorme privilegio di essere, considerati, stimati e amati, dalla gente non può andare deluso".

Insomma, un dovere.

"Basta pensare che, per quanto ne so, almeno 8 direttori di conservatori italiani sono fans del Banco; persone che hanno iniziato a studiare musica, si sono diplomate, assumendo poi un ruolo apicale nel suo insegnamento, grazie alle nostre composizioni. Ecco perché in quel terribile 2015 ho iniziato a pensare di tentare qualcosa mai fatta prima, una trilogia sull’esperienza umana che svelo solo ora, arrivata al suo completamento".

Questo significa che nel 2019, con “Transiberiana”, ha iniziato a srotolare un filo rosso utilizzato per legare poi nel 2022 “Orlando: le forme dell’amore” e ora “Storie invisibili”?

"Sì. Piccoli racconti che diventano giganteschi perché parte della vita di tutti. Chi dice che la storia siamo noi e nessuno deve sentirsi escluso, ha pienamente ragione. Per concludere questo viaggio, con mio figlio Michelangelo e Paolo Logli, coautori pure dei due album precedenti, ci siamo chiesti che struttura compositiva utilizzare per storie di questo tipo: delle mini-suite progressive o canzoni? Alla fine, ci siamo resi conto che avrebbero dovuto essere 12 Polaroid, scatti veloci, istintivi, non ricercati nello studio di posa del fotografo d’arte, perché la vita quotidiana è fatta di attimi fuggenti. Quindi 12 canzoni, anche se con l’impronta classica del Banco".

Nel disco ci sono due brani legati a momenti storici precisi.

"Uno è ‘Sarà ottobre’, ispirata alla disillusione di chi nel 1917 sognava una dittatura del proletariato e s’è poi ritrovato vittima di una dittatura sul proletariato. L’altro, invece, è ‘L’ultimo moro dell’Alhambra’ e racconta di quegli arabi rimasti nel sud della Penisola Iberica per ottocento anni fino alla ‘reconquista’ dell’Andalusia da parte dei cristiani e alla loro cacciata".

Su cosa poggerà il live?

"Focalizzeremo, ovviamente, il repertorio di ‘Storie invisibili’ senza tralasciare cose di ‘Transiberiana’ e dell’‘Orlando’, ma ci sarà soprattutto del repertorio storico a cominciare da ‘Rip’, ‘Metamorfosi’, ‘Non mi rompete’ e molte altre".

Cinquantatré anni dopo, come si rapporta col tempo che passa?

"Malissimo. Preso, purtroppo, atto che il tempo non possiamo fermarlo, dovremmo cercare almeno di spenderlo bene".