ANDREA SPINELLI
Cultura e Spettacoli

Santi Francesi, pochi compromessi: “Le nostre canzoni? Sono belle e scomode”

“Viviamo tempi al condizionale, ma il sogno è provare a suonare in un modo più elettronico e sconvolgere i ruoli”

Da sinistra Mario Lorenzo Francese Alessandro De Santis: insieme sono "I Santi Francesi"

Da sinistra Mario Lorenzo Francese Alessandro De Santis: insieme sono "I Santi Francesi"

Milano, 6 novembre 2024 – “Viviamo tempi potenziali, in cui ti viene spontaneo usare il condizionale” riflettono i Santi Francesi a proposito di “Potrebbe non avere peso”, secondo ep del loro cammino, in uscita venerdì prossimo, che presentano a Milano nell’attesa di tornare in concerto al Fabrique il 10 dicembre. “Nel titolo sottolineiamo la convinzione di scrivere canzoni che potenzialmente fluttuano nell’aria senza pretendere di cambiare niente, ma nel momento in cui suoni quei concetti, quelle immagini, raggiungono qualcuno e se allora sì che possono acquistare un valore, un peso, una rilevanza, trasformandosi in qualcos’altro”.

Nel 2019, come The Jab, avete pubblicato “Tutti manifesti”. Poi, diventati Santi Francesi, di album non ne avete fatti più. Perché?

“Per noi quella dell’album sarebbe la dimensione ideale in cui proporre la nostra musica, ma sulla questione ci siamo sempre trovati a fare i conti con lo scetticismo nell’industria discografica, dovuto forse alla convinzione che mettere tutto in un progetto articolato comporti necessariamente la conseguenza di ‘buttare via’ alcuni brani. Accade, però, che certi pezzi, se non pubblichi, finisci col buttarli. E quindi siamo davanti al classico cane che si morde la coda”.

Quanto è rimasto fuori da questo disco?

“Ci siamo messi all’opera pensando prima ad un singolo, poi ad un ep, per provare ad offrire al pubblico che verrà a vederci dal vivo qualche canzone in più da ascoltare. Quindi, avendo davanti agli occhi un obiettivo già delineato, abbiamo incanalato tutto in quella direzione. Questi che ci prepariamo a pubblicare, non sono pezzi comodi, ma la musica esiste perché qualcuno possa completarla, quindi, può non avere peso (come dice il titolo) ma anche trasformarsi in un’esperienza”.

Un pezzo come “Ho paura di tutto” è figlio dell’incognita dei tempi?

“Esprime piuttosto l’ansia di una generazione. Quella di chi si trova nei vent’anni, la nostra. Una specie di cappottino che ti immobilizza schiacciandoti a terra, alimentato per l’80% dall’invadenza dei social nelle nostre vite. D’altronde se a questa età non hai una punta di preoccupazione, filo d’ansia, c’è qualcosa che non va”.

Un tempo tutto era possibile. Oggi la percezione è un po’ cambiata.

“Già, ma la tendenza a porsi degli obiettivi da raggiungere e a lavorare duro per riuscirci, rimane. Il nostro, ad esempio, è quello di non prenderci in giro facendo quel che abbiamo in mente senza cedere troppo al compromesso. Sappiamo, ad esempio, di aver prodotto prodotto un ep che le radio non passeranno, perché i suoni non sono poi così di moda, ma la priorità era quella di essere completamente sinceri, con noi stessi prima ancora che con gli altri. E questo l’abbiamo fatto”.

Come vi è venuta l’idea di presentare il nuovo singolo suonando nella metro, il giorno dell’inaugurazione della M4?

“In America ci si esibisce tanto nella metro, così, vista la particolare concomitanza ci siamo detti: perché non lo facciamo pure noi? Abbiamo deciso di partecipare appena tre giorni prima dell’inaugurazione, quando ci siamo resi conto che sarebbe stato divertente mischiarci ai buskers e agli altri artisti di strada mobilitati dall’evento. Suonare, piuttosto che mettere il pezzo su Instagram o girare un video per TikTok, era la cosa migliore da fare”.

Cosa rimane fuori da questi 20 minuti e 39 secondi di musica?

“Abbiamo fatto un disco prettamente rock, molto suonato, ma di quel che volevamo dire non manca nulla. C’è il discorso fra noi due, c’è la paura, il romanticismo mieloso e stremato perché alla fine è l’amore a tenere assieme tutte le cose”.

Dal vivo lo proporrete tutto?

“Sì, assieme alle canzoni precedenti e ad alcune cover, già fatte come ‘Ragazzo di strada’, ma anche inedite come ‘Calleth You, Cometh I’ degli Ark, pezzone incredibile, molto vicino allo spirito di questo nuovo ep”.

Sanremo. Saltate il giro?

“Al momento non abbiamo niente da proporre e, visto che i nomi escono fra meno di un mese, pensiamo di sì. Non sentiamo il bisogno di essere mainstream a tutti i costi e così come non sentiamo la necessità irrinunciabile di andare al Festival e di pubblicare una hit estiva”.

Non succede, ma se succede…

“Il sogno è quello di provare a suonare in un altro modo, magari un filo più elettronico dell’attuale. Ma anche esplorare nuove forme e sconvolgere un po’ i ruoli che ci siamo dati. In concerto, comunque, qualcosa proviamo a cambiarla ogni volta, come dimostra la presenza di un chitarrista in più nella formazione approntata per questo tour”.