Come ogni fine d’anno, quando si accendono le luci di Natale, “Schiaccianoci” è d’obbligo. Fu il georgiano Balanchine a New York a inventare questa “moda” del “balletto delle feste”, à la russe, da esaurito costante. Oggi è diventata nostra in tanti teatri che lo propongono con immancabile successo per unire la famiglia in allegria, dai bimbi ai nonni. La versione di “Schiaccianoci” che va in scena dal 18 fino al 12 gennaio alla Scala con tanti cast, però, è diversa, nei suoi risvolti dark, così come l’ha voluta Rudolf Nureyev, “il grande”.
Nel mantenere i legami con la tradizione, appresa alla fonte dell’allora Kirov di Leningrado, oggi Marinsky di Pietroburgo, dove “Schiaccianoci” debuttò nel 1892, nella coreografia di Lev Ivanov, su traccia di Petipa e sulla musica di Ciaikovsky, Rudy il tartaro è tornato ai toni notturni del racconto originale, “Nußknacker und Mausekönig”, di Ernst Theodor Amadeus Hoffmann, firmando una rilettura con risvolti psicologici inediti. Il 18 e il 20 un ospite-new entry dall’Opéra di Parigi, dove Nureyev fu direttore del ballo, l’aitante Hugo Marchad, danzerà con Alice Mariani, prima ballerina doc di casa Scala.
Cos’ha di speciale e diverso lo “Schiaccianoci” di Nureyev, che lui stesso interpretava nel doppio ruolo di zio-mago e di Principe per la protagonista Clara? Che personaggio è lo zio al modo di Rudy?
"Come zio, devo accompagnare Clara alla scoperta del passaggio da ragazzina a giovane donna; lui è zoppo, con un occhio solo, ambiguo, inquietante nel tenere i bambini incantati dai suoi pupazzi animati, è misterioso, mette ansia, fa rabbrividire, pur portando con sé regali e giochi; è dolce al momento di augurare la buona notte alla nipote; ma fa anche paura, quella che è necessario provare per crescere, che sfida a vincerla per diventare grandi; la paura ha un suo fascino, attraente".
Cosa succede quando, nel sogno-incubo di Clara alle prese con i topi e gli adulti-pipistrelli, lo zio diventa Principe? Come deve cambiare?
"Come Principe, devo essere romantico, nobile, rassicurante e risvegliare la femminilità di Clara nel momento di transizione dal candore e dalla spensieratezza di bambina alla rivelazione dei suoi lati più intimi di fanciulla pronta per l’amore".
Quale è il senso della versione di Nureyev, tanto più perturbante di altre?
"In realtà alla fine tutto è un sogno, sulla via del cambiamento, in un balletto-racconto a tutto tondo, coerente nelle sue sfumature, invernale, con l’atto bianco dei fiocchi di neve, e colorato-esotico per il viaggio nel paese degli zuccheri, con le danze di carattere, preparando poi il finale trionfante; tutto si mescola, tra paura e amore; per Nureyev ‘Schiaccianoci’ non è solo il balletto del Natale con l’albero gigante e i doni, ma un’opera complessa e preziosa nella sua magnificenza".
Alice Mariani, che già conosce la dinamica e la musicalità esigente nureyeviana, nelle difficoltà di cui è irta una coreografia tecnicissima, sottolinea che pure la sua danza è doppia, quella di Clara che vola libera e felice nel Regno degli Zuccheri, e quella di Clara regale, in tutu dorato e con la corona in capo, nel pas de deux virtuosistico e paritario, arduo per lei come per il Principe, in un gran finale che incanta.
Alice, come vede il giocattolo-Principe che lo zio le offre?
"Il Principe è protettivo e difende Clara, che però è decisiva nella battaglia di lui contro i topi e il loro Re, colpito dalla sua pantofola-simbolo femminile; lei è battagliera proprio come fanno le giovani donne oggi, coraggiose e piene di risorse".