GRAZIA LISSI
Cultura e Spettacoli

Stéphanie d’Oustrac, regina barocca: “La mia Orontea parla al presente”

Il mezzosoprano francese alla Scala fino al 5 ottobre nell’opera di Cesti, diretta dal maestro Antonini. “Il teatro musicale sublima l’amore per la recitazione. Tornare alla prosa? Solo per essere Fedra”

Stéphanie d’Oustrac

Stéphanie d’Oustrac

C’è qualcosa di magico in Stéphanie d’Oustrac: la sua capacità di stupire e stupirsi, la sua voce, il suo talento e una personalità forte, empatica che rende ogni sua interpretazione unica. Il celebre mezzosoprano francese, acclamata dai maggiori teatri al mondo, è in scena alla Scala da questa sera - fino al 5 ottobre- in “L’Orontea” di Antonio Cesti (1623- 1669). Sul podio Giovanni Antonini, regia Robert Carsen, con l’artista, nel ruolo del titolo, Carlo Vistoli è Alidoro e Francesca Pia Vitale Silandra. La rappresentazione del 5 ottobre sarà trasmessa in live streaming sulla piattaforma LaScalaTv e resterà disponibile on demand fino al 12 ottobre.

Stéphanie, è considerata una star della musica barocca.

“Ma non sono io ad averla scelta, direi che è stata lei a cercarmi. Ho iniziato studiando e cantando Rossini, Mozart, Poulenc finché il Maestro William Christie che lavorava con Les Arts Florissants mi ha notata e ho iniziato a collaborare con il gruppo. Dopo la nascita di Coline, mia figlia, ho lasciato per qualche tempo il mondo della musica ma Christie mi ha richiamata dandomi un’opportunità formidabile: ho cantato Dido di Purcell, poi ho affrontato compositori come Berlioz, Fauré, Britten, Debussy. E voilà, stasera canto Antonio Cesti”.

Ha anche studiato recitazione.

“Avrei voluto essere un’attrice. Attraverso la musica barocca e le sue tragiche eroine ho capito che quello che stavo cercando era proprio il teatro musicale. Chi ama il testo quanto la musica non userà mai la potenza vocale per far soccombere le parole, cantanti e spettatori devono capire bene le frasi, sono legatissime alla musica. Questo insegna la barocca”.

Da oltre trent’anni la musica barocca è seguita e apprezzata anche da persone che normalmente non vanno ai concerti, né all’opera. Vuole spiegare il fenomeno?

“La barocca, ancora oggi, è un universo da scoprire. L’opera “L’Orontea”, la regina d’Egitto, è stata rappresenta decenni fa alla Scala, protagonista Teresa Berganza, e ritorna solo quest’anno. Si è parlato tanto di Lully, del Rinascimento barocco, ma è un periodo ricco di talenti da conoscere. Dobbiamo lasciarci ispirare dal passato per rivisitare il nostro presente e per decidere cosa sarà il nostro futuro. Studiare, lavorare con la musica barocca significa essere in una ricerca continua fra passato, presente e futuro. Oggi cerchiamo di eseguire questa musica con criteri vicini al periodo in cui è stata composta, per questo piace alla contemporaneità, ai giovani che non conoscono la musica classica; il nuovo approccio alla barocca ha portato più spettatori”.

L’interpretazione della barocca propone due letture: alcuni l’eseguono solamente con strumenti antichi d’epoca (come il Maestro Giovanni Antonini) altri, invece, con quelli contemporanei. Quali preferisce?

“In queste settimane, provando l’opera di Cesti, mi accorgo che l’orchestra dona colori particolari, un temperamento che cambia con le parole, magari non tutti l’avvertono ma sono momenti che adoro, per me determinanti. Nella vita di una persona si susseguono vicende, sentimenti contrastanti, uomini e donne hanno mille sfumature come la musica barocca che, attraverso gli strumenti antichi, li sottolinea. Conosco alla perfezione il libretto, la musica suonata su strumenti d’epoca suggerisce le espressioni che devo cantare”.

Non ha mai rimpianto di aver lasciato la recitazione?

“No, come attrice ho lavorato spesso interpretando ruoli importanti. Quando ho avuto l’opportunità di scegliere fra teatro e musica ho scelta quest’ultima e non mi pento. So che con la mia voce posso trasmettere più emozioni al pubblico. Inoltre ci sono ruoli, come la Carmen di Bizet, in cui canti e reciti nello stesso tempo”.

Se le chiedessero di tornare alla prosa?

“Lo farei solo se mi chiedessero di recitare Racine, mi piacerebbe interpretare almeno una volta Fedra. È un sogno ma chissà, magari accade”.

Cosa significa, invece, tornare alla Scala?

“Per ogni musicista essere qui non è solo lavoro, la Scala è un’esperienza totale. La sua storia, i ricordi di chi ci ha preceduto; camminare sul palcoscenico scaligero, entrare nei camerini e negli uffici è un privilegio per tutti noi. Come quando canto all’Opera Garnier, avverto i fantasmi che popolano il Piermarini e che incutono rispetto per il luogo, i suoi artisti, la grande musica”.

Vive a Parigi. Come si trova a Milano?

“Bene, i milanesi vivono con serietà il lavoro e, nello stesso tempo, sanno godere il tempo libero. Alloggio a Brera, è vicino alla Scala, è la zona che più ricorda Montmartre, il quartiere dove abitualmente vivo”.