ANDREA SPINELLI
Cultura e Spettacoli

The Who al Mediolanum Forum, ritorna una leggenda del rock

La band lunedì suonerà al Forum

Roger Daltrey e Pete Townshend

Milano, 16 settembre 2016 - “Questo è l’inizio del lungo addio” aveva detto Roger Daltrey varando quel “The Who Hits 50! Tour” con cui plana lunedì prossimo tra le gradinate del Forum di Assago. E il sodale di sempre Pete Townshend gli fa eco puntualizzando: “ci siamo imbarcati in questo Hits 50 Tour per dimostrare che anche un gruppo come il nostro può invecchiare - non necessariamente con garbo - qualunque cosa stia facendo”.

Insomma, due ultrasettantenni in viaggio sulla coda del tempo smaniosi di celebrare il loro mezzo secolo da icone rock mettendo sul tavolo una sfilza di pietre miliari con cui oltre Manica forse solo Paul McCartney e Mick Jagger possono rivaleggiare. E non è un caso che sono proprio l’ex Beatle e gli Stones - assieme a Neil Young, Bob Dylan e Roger Waters - ad affiancarli dal 7 al 9 ottobre nel cartellone del mega raduno “Desert trip” a Coachella, in California, il padre di tutti i festival. Se un brano legato a doppio filo con le inquietudini giovanili anni Sessanta come “My generation” e la sua famosa “…spero di morire prima di diventare vecchio” li avvicina agli Stones di “(I can’t get no) Satisfaction”, per gli Who il link con i Beatles è dato dalla presenza dietro ai tamburi di Zak Starkey, figlio di Ringo Starr; la forza propulsiva di una band nobilitata pure dal basso di Pino Palladino, dalla seconda chitarra di Simon Townshend, fratello di Pete, e da ben tre tastiere (“neanche fossimo i Daft Punk!”) affidate a Loren Gold, a John Corey e al direttore musicale dello show Frank Simes. “Il mio rapporto con Roger non è perfetto. Abbiamo sempre avuto idee diverse, ma oggi siamo più amici che mai- assicura Peter Dennis Blandford “Pete” Townshend -Anche se sentiamo la nostra età, siamo entrambi felicissimi di essere ancora qui. Credo che Roger viva il passare del tempo con più preoccupazione della mia, perché pensa che il pubblico abbia di lui la visione del ragazzo col fisico scolpito di un tempo. Ma è un problema che sta solo nella sua testa perché davanti ad un microfono è ancora la roccia di prima. Sono rimasto impressionato dalla determinazione con cui l’estate scorsa ha affrontato e vinto la meningite virale che l’ha colpito, imponendo uno stop al tour. Ora, per fortuna, sembra essere tutto a posto”.

Ovazioni in sala quando sugli schermi appaiono altri artefici dell’epopea di “Tommy” e “Quadrophenia” frattanto passati a miglior vita come l’eccentrico Keith Moon alla batteria e John Entwistle. Proprio al taciturno bassista di Chiswick si deve la reunion della band. “Gli Who sono tornati in servizio permanente effettivo alla fine del 1990 per aiutare John a superare i suoi problemi economici” ricorda Townshend. “Un giorno Roger venne a trovarmi dicendo: ‘Senti, non vedo altro modo per dare una mano a John che riprendere i con i concerti. Ha speso troppo e non ha alcuna fonte di guadagno fuori dagli Who. Se sei per davvero l’amico che dici di essere, dobbiamo aiutarlo; stiamo sempre parlando di John, il tuo amico più importante, quello con cui suonavi dai tempi della scuola’. Non è stato facile ricominciare. Anche se all’esterno può sembrare che non ci siamo mai lasciati, infatti, nel 1982 avevo chiuso per davvero con la band. Per otto anni ho lavorato in una casa editrice di Londra. Sì, ho inciso un paio di dischi da solista e ho partecipato alla reunion del Live Aid, ma ero davvero proiettato verso un altro tipo di vita. Sono tornato sui miei passi per Roger e per John, poi mi sono reso conto che la band era il mio bene più grande. Non voglio buttarla sul sentimentale e quindi ammetto che con questo tour sto facendo un sacco di soldi, ma quando sono sul palco mi rendo conto di fare felice un sacco di gente e questa finisce col prevalere su ogni altra considerazione”.

Lunedì 19 al Forum di Assago, ore 21