Milano, 8 aprile 2016 - COME sopravvivere alla Modernità? È l’interrogativo che Gianfranco De Turris pone, con eleganza e sobrietà, introducendo il lettore alla comprensione del “titanismo” contemporaneo al quale nessuno sembra sfuggire. In questo suo libro, “seziona” il fenomeno già autorevolmente analizzato da Ernst Junger, e ne denuncia le conseguenze riassumibili in una sorta di “totalitarismo morbido” celato dietro le abbacinanti magnifiche sorti e progressive della tecnica con i suoi corollari, dalle lusinghe del denaro a quelle del successo. I nuovi Titani, secondo la metafora jungeriana ripresa nell’introduzione da Claudio Bonvecchio, altro non sono che l’economia il cui primato ha scalzato la politica, i consumi distraenti dall’essenziale, la materialità che si sovrappone fino ad annullarli ai valori spirituali, il relativismo che rende la morale un’anticaglia inservibile. Essi condizionano le nostre esistenze e noi, culturalmente permeati da essi, non sappiamo più esprimere neppure una pallida forma di ribellismo al punto da lasciarci soggiogare dal “pensiero unico” caratterizzato, come osserva de Turris, da identici atteggiamenti e comportamenti. È sull’orizzonte dell’omologazione che si situano tanto i nostri bisogni che i nostri desideri e, dunque, la Modernità è il regno liquido e proteiforme nel quale l’assuefazione allo “standard way of life” si manifesta come assenza dello spirito critico che nutre il “sistema della menzogna”; quello, cioè, nel quale l’abrogazione delle differenze è totale. Sottrarsi ad esso è impossibile? Per de Turris l’uomo-massa (non diversamente da quanto sosteneva Ortega y Gasset) è una realtà ormai consolidata. Tuttavia la “lezione” di autentici ribelli alla Modernità - da Junger a Mishima, da Evola a Guénon, esempi di un vasto pensiero anti-nichilista - può servire da antidoto alle degenerazioni del progresso culminate nella disarticolazione di un’umanità che sembra abitare un deserto nel quale si avverte la “morte di Dio”. De Turris nel proporre una reazione al disfacimento ricorre ad intellettuali del Novecento che la via del Ribelle l’hanno in qualche modo tracciata. Ma è dentro ognuno di noi, sostiene, che dovremmo trovare la forza per sottrarci alle devastazioni del determinismo e del relativismo. Sicché questo originale e prezioso libretto assume le fattezze di un vademecum del “pensiero forte”, un “lascito esemplare”, come lo definisce nella brillante post-fazione Giovanni Sessa, ammonimento per coloro che immaginano di vivere il presente e conquistare l’avvenire dimenticando la Tradizione, origine e fine di ogni esistenza materiale e spirituale. Aver cancellato la nostra eredità è stato il crimine più feroce perpetrato dalla Modernità. Adesso “solo un Dio ci può salvare”, come diceva Heidegger. A meno che non siamo disposti a riconoscere le contraddizioni con le quali ci siamo baloccati fino a istupidirci. GIANFRANCO DE TURRIS, Come sopravvivere alla modernità, Idrovolante edizioni
Cultura e SpettacoliSopravvivere alla modernità. Riflessioni e metodo