Intorno alla nascita di Diabolik, protagonista indiscusso del fumetto italiano da oltre sessant’anni, ha sempre aleggiato il mistero legato all’identità del disegnatore del primo numero, uscito nel novembre del 1962. Per decenni, studiosi e appassionati hanno avanzato le ipotesi più disparate. Oggi, finalmente, con il libro ‘Non sono stato io’, pubblicato da IF Edizioni (gruppo Giunti), Raffaele Mangano e Gianni Bono, seguendo tracce e ritrovamenti, ricostruiscono la vicenda e ne svelano i contorni, mettendo fine al mistero.
Ma perché un uomo sparisce nel nulla, rinnega il proprio lavoro, la sua arte, e non reclama i meriti nemmeno quando la sua creazione diventa un enorme successo? È esattamente quello che ha fatto Angelo Zarcone. Ed è proprio di quest’uomo, dalla cui matita sono nati gli occhi del “Re del Terrore”, che Gianni Bono e Raffaele Mangano raccontano nel libro. Nella postfazione, Mario Gomboli, direttore editoriale di Astorina, definisce la pubblicazione a quattro mani un vero e proprio romanzo, poiché la vita di Zarcone è sicuramente una storia degna di essere narrata con questa formula. Soprannominato “il Tedesco” (per calzare d’abitudine sandali e portare spesso un bambino biondo con sé al lavoro), Zarcone era un aspirante pittore nella Milano degli anni ‘60, una città che offriva speranze e opportunità a molti giovani provenienti da tutta Italia. Non riuscendo a vivere della sua arte, lavorava come disegnatore per la casa editrice Astoria di Gino Sansoni, specializzata in pubblicazioni rivolte a un pubblico maschile.
Nel romanzo, Bono e Mangano ricostruiscono inoltre le vicende delle Case Editrici Astoria e Astorina, il successo di Diabolik, il legame tra cronaca ed editoria, sullo sfondo della Milano viva e pulsante degli anni sessanta.