Veronica Pivetti: "Questo mio film è più di un figlio"

Al Mic “Né Giulietta né Romeo” di SIMONA BALLATORE

Veronica Pivetti

Milano, 3 marzo 2016 - «Riprendimi», nel nome di una sezione del Festival «Il Cinema Italiano visto da Milano» in partenza sabato, c’è Veronica Pivetti che lunedì, alle 18.30 sarà al Museo Interattivo del Cinema con «Né Giulietta né Romeo» in duplice veste.

Pivetti, oltre a vestire i panni di Olga, è il suo debutto alla regia. Com’è andata?

«Lo dovrà dire il pubblico. Per me è stata un’esperienza nuova o parzialmente nuova, ma dirompente. Mi sono allenata con cortometraggi come fanno molti, ma è diverso stare sul set per sei settimane e costruire un progetto in quattro anni, trovare qualcuno che creda in te, lavorare gomito a gomito alla sceneggiatura con Giovanna Gra, produrlo con lei, rincorrere questa professione sul campo. Lo desideravo tanto e mi è piaciuto. Nel bene e nel male è il film che volevo fare. È stata una gestazione vera e propria, anzi, la gestazione di un dinosauro, per me “Né Giulietta né Romeo” è davvero un figlio».

Che parla di figli e affronta il tema dell’omofobia

«Mi è piaciuto subito il copione, condivido quello che dice, è un tema che è caldo e sarà caldo nei prossimi anni. Ricordo la domanda di un giornalista sul set: “Ancora un film sull’omosessualità?”. Ancora? Quanti film ci sono sull’eterosessualità? Perché nessuno se lo domanda? È questo il punto. È un argomento che dà fastidio, mette a disagio, è scivoloso: il motivo per cui bisogna continuare a parlarne e per cui lo rifarei».

Anche il festival milanese è un’occasione per ridare voce al film

«Dobbiamo fare i conti sempre con una distribuzione dissennata. È stato distribuito in pochissime copie nel periodo invernale, in cui vi era un esubero di offerta. Queste sono occasioni sì, poter entrare in un circuito mirato, ai festival, presentarlo, accompagnarlo nei luoghi in cui si ha voglia di ragionare. Il film parla da sé ma è bello poter scatenare la discussione. Ricordo il dibattito che si è acceso al Giffoni Film Festival con in sala 500 ragazzi, è la cosa a cui tengo di più. Poi abbiamo dalla nostra parte anche Amnesty International, la prima volta per una commedia».

La rivedremo alla regia?

«Il desiderio c’è, però adesso non ho intenzione di distrarmi. Né Giulietta né Romeo deve avere una sua vita, è appena iniziata, e me ne voglio occupare; sta girando, ha ricevuto la nomination al Diversity Media Awards, deve arrivare anche alle scuole. È davvero come un figlio, mi creda».

Lunedì tornerà nella sua Milano

«Sono nata e ho vissuto qui per 31 anni, mi manca molto. Ho girato alcune scene del film nella Milano nuova, in piazza Gae Aulenti. Anche culturalmente parlando è una città fertile. Il suo pezzo forte non è il clima, però anche quella nebbietta mi tocca nel profondo, mi appartiene. Ogni volta che torno mi commuovo. È casa».