Chi trova un amico, trova un tesoro, recita un proverbio. Ma è un tesoro chi, nelle vesti di Jo e Mary, per non perdere l’amica Liz, si adopera nell’ostacolarne l’amore ritrovato accanto ad un nuovo uomo? È quello che accade nella commedia “Donne in pericolo”, interpretata da Vittoria Belvedere, appena portata in scena a Monza.
A proposito di amicizia, cosa è per lei?
"La casa è la mia sicurezza, il nido, dove mi riparo. Le amiche sono svago, spensieratezza, possibilità di ridere e scherzare, tornare a ripensare. L’amicizia, comunque, ti permette di vivere la vita in modo un po’ più leggero".
E il ruolo dell’uomo?
"Una volta si doveva andare a chiedere la mano al papà della donna. Oggi, in realtà, questa usanza si è un po’ persa. Per quanto mi riguarda, siccome do molta importanza all’amicizia, ricordo di aver chiesto consigli e pareri alle amiche sul fidanzato del momento, in quanto credo che in questo loro vadano oltre".
L’invidia?
"Non saprei dirle perché alcune persone ne soffrano. A me non è mai appartenuto questo sentimento, che potrebbe essere anche costruttivo, se usato bene. Ne ho subito la parte negativa. Mi sono accorta di persone invidiose accanto a me, che hanno ribaltato le carte in tavola. È come svegliarsi da un incubo e dire: “L’ho sognato o è realtà? No, è realtà!”.
Cosa ne pensa del cambiamento del fisico nel tempo?
"Mentre per l’uomo si afferma che con il passar del tempo diventa più affascinante, la donna, invece, invecchia, anche se la chirurgia estetica, usata con parsimonia, può essere d’aiuto. L’anno scorso sono aumentata di peso, pur mangiando sano. Sono dovuta correre ai ripari, con ginnastica e l’ausilio di una nutrizionista. Se noi donne di mezza età ci vogliamo un po’ di bene, possiamo ancora essere piacenti".
È una famosa attrice. Lo sperava da piccola?
"Come tutti i bambini, cambiavo spesso idea. Poi ho studiato per diventare stilista. Quindi, sono entrata in un’agenzia per fare la fotomodella. Mi mancavano i famosi tre centimetri, per poter sfilare. Casualmente, sono diventata attrice. E man mano il mio percorso è stato in salita".
Ha rivestito diversi ruoli. Quello che ritiene sia stato a lei più confacente?
"Metto sicuramente in quasi tutti l’esperienza di vita vissuta personalmente o attraverso le testimonianze altrui. Però, non c’è un personaggio nello specifico che mi rispecchi. Tendo sempre, comunque, ad accettare ruoli lontani da me anni luce, come per una sfida, di cui ho bisogno e su cui ho impostato un po’ tutta la mia vita".
Lei è anche una madre. Se le dicessi di dire la sua sui giovani e i social?
"Ritengo basilare il dialogo con i giovani, con i propri figli. Ma anche l’essere presenti. È vero che i social possono incutere paura, ma danno anche la possibilità di controllare i propri figli e, quindi, mi spaventano relativamente. Non ci si può permettere di essere superficiali e trattarli da amici. Solo ogni tanto si può fare qualche piccola concessione...".
Un suo ricordo legato a Milano.
"Vivevo in Brianza. Alle 6, d’inverno, aprivo la finestra, per vedere com’era il tempo e mi imbattevo in un muro di nebbia. Per andare a scuola a Milano, percorrevo al buio un lungo e deserto vialone. Oggi so che in città la nebbia è sparita. Ma non ci si può permettere, a dicembre, di stare all’aperto in un bar, a differenza di Roma, che inizia, però, a starmi stretta, perché disordinata e sporca. Milano, invece, è diventata internazionale e non nego che mi piacerebbe tornarci a vivere".
Di che colore è la città meneghina?
"Prima era grigia. Ora è bianca, luminosa, non è più al limite dello spento. Milano, ai miei tempi era una provincia. Oggi, invece, è viva, organizzata, anche se so che la criminalità vi è aumentata. E questo, dico la verità, un poco mi spaventa".