L'aula del Senato ha approvato in via definitiva - con 227 voti favorevoli, nessun contrario e sole 4 astensioni - il disegno di legge delega n. 1892, per riordinare, semplificare e potenziare le misure a sostegno dei figli a carico attraverso l'assegno unico e universale.
- Svolta epocale per le Partite Iva
- La soddisfazione del ministro
- I beneficiari
- Gli importi
- Sfavoriti i lavoratori dipendenti
- A chi spetta
Svolta epocale per le Partite Iva
Una svolta epocale per il welfare italiano che avvicinerà il nostro Paese a quelli europei, non nelle cifre forse, ma nel principio e nell'obiettivo quantomeno sì: incrementare il tasso di natalità che sfiora lo zero, sostenendo economicamente. Il Senato ha approvato in via definitiva la legge sull'assegno unico e universale per i figli. Per la prima volta in Italia ne avranno diritto anche le Partite Iva. La nuova misura cancella gli assegni di famiglia e tutti gli altri benefici fiscali per i genitori per concentrarli in un unico istituto, liquidato mensilmente o come credito d'imposta, a favore di entrambi i genitori, padre e madre, anche se separati o single, qualora il figlio sia a carico di entrambi. A precisa domanda, settimana scorsa il premier Draghi ha confermato la disponibilità di fondi, indicando un assegno mensile di 250 euro per ogni figlio che aumenterà in caso di figli disabili. Previste maggiorazioni a partire del secondo figlio. Si tratta della somma limite che potrà essere percepita e che sarà variabile a seconda della fascia di reddito Isee delle famiglie.
La soddisfazione del ministro
"Ci sono 20 miliardi che sono stati già stanziati - ha aggiunto Elena Bonetti, ministro per le Pari opportunità e la Famiglia - e dobbiamo ragionare anche sulla possibilità, dato che c'è stato un peggioramento delle condizioni economiche dei nuclei famigliari, di aumentare quelle risorse". Non solo. "Molte famiglie hanno figli più grandi di 21 anni e hanno delle detrazioni fiscali per loro. Ecco faremo una norma transitoria in attesa dell'approvazione del Family act per chi ha figli con più di 21 anni. Le famiglie italiane devono stare tranquille, non ci perderanno", ha concluso la Bonetti in merito alle polemiche sulle famiglie che verrebbero svantaggiata dalla novità.
I beneficiari
Il contributo, assengo mensile o tradotto in credito d'imposta, sarà erogato a partire dall'1 luglio 2021 a tutte le famiglie che hanno un figlio o più figli a carico da 0 a 21 anni. In caso di maggiore età, l'assegno potrà essere destinato direttamente al figlio. La novità è rappresentata dal fatto che nel perimetro dei beneficiari non rientrano soltanto genitori con contratto da lavoro dipendente ma anche partite Iva, lavoratori autonomi e incapienti. In caso di cittadini extra Ue, è necessario il permesso di soggiorno, versare l’Irpef in Italia; vivere con i figli a carico nel nostro Paese; essere stato o essere residente in Italia per almeno due anni, anche non continuativi, ovvero essere in possesso di un contratto di lavoro a tempo indeterminato o di durata almeno biennale.
Gli importi
L'assegno unico sarà parametrato all'Isee che per l'80% delle famiglie italiane è sotto i 30mila euro. In base a questo calcolo 8 famiglie su 10 riceveranno 161 euro al mese per ogni figlio minore e 97 per ogni figlio under 21. Secondo questa simulazione, in caso di Isee superiore ai 52mila euro, il contributo scende a 67 euro mensili per i figli minori e a 40 euro per i figli maggiorenni ma di età inferiore ai 21 anni.
Sfavoriti i lavoratori i dipendenti
Secondo le prime simulazioni il nuovo sistema favorirebbe autonomi e incapienti, categorie oggi escluse dagli assegni famigliari. Risulterebbero sfavoriti i lavoratori dipendenti: 1,35 milioni di famiglie perderebbero in media 381 euro all’anno.
A chi spetta
L’assegno approvato dal Senato nella serata del 30 marzo è riconosciuto a tutti i lavoratori cittadini italiani, titolari di un reddito da lavoro dipendente a tempo indeterminato o determinato, autonomi, o con partita Iva. L’assegno spetta anche ai genitori single con figli fiscalmente a carico. Per i cittadini UE o Extra UE è necessario: avere il permesso di soggiorno (per soggiornanti di lungo periodo o per motivi di lavoro o di ricerca di durata almeno annuale); versare l’Irpef in Italia; vivere con i figli a carico in Italia; essere stato o essere residente in Italia per almeno due anni, anche non continuativi, ovvero essere in possesso di un contratto di lavoro a tempo indeterminato o almeno biennale.