"Serve un nuovo approccio che premi la produttività e non il numero di ore trascorse in ufficio, anche per migliorare la conciliazione tra attività lavorativa e vita privata".
A dirlo Chiara Benedetta Cormanni, eletta nuovo presidente del Comitato Imprenditoria femminile della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi. Qualche dettaglio: milanese, 36 anni, una laurea alla Bocconi, Cormanni ha avuto una brillante carriera come brand manager per la multinazionale Perfetti Van Melle, che l’ha portata a vivere ad Amsterdam per tre anni. Poi il rientro in Italia, nell’azienda meccatronica di famiglia, Ppinox, dove è a capo del business development, risorse umane, controllo di gestione.
È madre di due bimbi di 2 e 5 anni. Secondo gli ultimi dati della Camera d i Commercio, le imprese femminili milanesi sono cresciute del 5% negli ultimi 4 anni, per un totale di 71.250 imprese che rappresentano il 18,3% del totale delle aziende del territorio. Trainano la crescita nell’ultimo anno le attività professionali scientifiche e tecniche che oggi contano 6.661 imprese fra Milano, Monza e Lodi. "Un segnale confortante: significa che il divario di genere nelle lauree Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics) sta diminuendo. Ma rimangono ostacoli per l’accesso al mondo del lavoro da parte delle donne" spiega.
Come invertire la tendenza?
"Alle donne imprenditrici forniremo un supporto sempre, anche per le pratiche burocratiche. L’obiettivo sarà fare rete, collaborando con altre associazioni di imprenditoria e istituzioni. Al governo diciamo che non deve mancare il sostegno al Fondo impresa femminile, l’incentivo nazionale che sostiene la nascita e il consolidamento delle imprese guidate da donne. Le aziende dovrebbero anche avere sgravi contributivi nel caso di assunzione di lavoratrici. Questo è fondamentale anche per la creazione di nuove imprese perché sviluppare competenze è spesso un primo passo per poi lanciarsi più avanti nel proprio progettO. Non basta. In Italia ci sono donne che hanno paura di fare impresa perché temono di dover trascurare la famiglia e nel lavoro dipendente ci sono neomadri che rassegnano le dimissioni. Parliamo di donne preparate, talenti che lasciamo a casa, con un danno anche per il sistema Paese".
Quindi?
"Oltre al supporto dei servizi come gli asili nido, servirebbe un nuovo modello organizzativo che concili meglio lavoro e vita privata. A contare dovrebbero essere gli obiettivi raggiunti, non le ore trascorse alle scrivanie. L’esperienza in Olanda per me è stata importante: uno dei grandi capi della multinazionale mi disse di spostare una riunione dal venerdì pomeriggio perché doveva portare il figlio in piscina. All’estero è normale dare importanza alla tutela della vita privata e alle 17 in punto le penne cadono sulle scrivanie. Da noi invece continua a perdurare il modello per cui più tempo si trascorre in ufficio più sei bravo/a. Un approccio che rende per le donne difficile conciliare professione e famiglia".