MARCO GALVANI
Economia

Musica, più di una battuta d’arresto: dagli strumenti alle scuole, trema tutta la filiera

Il nuovo presidente del comparto che vale quattro miliardi in regione, Raffaele Volpe: lo Stato faccia di più

Un laboratorio di liuteria

Milano - Prima internet, poi il Covid. Il settore dello strumento musicale in Italia ha perso circa il 20% di fatturato nel 2020. E la crisi continuerà anche quest’anno e costerà un altro 3%. Che cresce al 5% nell’area nord-ovest tra Lombardia, Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta. Tanto che il 54% dei negozianti vede a rischio la stabilità della propria azienda e addirittura il 5,7% non esclude di dover chiudere bottega (l’8,5% secondo la media italiana). Solo pochi negozi hanno chiuso con una crescita entro il 10%: la maggior parte ha goduto di vendite nel periodo di lockdown grazie al loro e-commerce, ma tutti denunciano una marginalità in forte calo.

È l’ultima fotografia scattata da un’indagine di Dismamusica, l’associazione di Confcommercio che rappresenta la filiera del mercato degli strumenti e delle edizioni musicali (produzione, importazione, distribuzione, case editrici, società di servizi, musicisti, scuole di musica). Un settore che in Lombardia vale circa 4 miliardi all’anno, la metà del dato nazionale. La lunga crisi sta colpendo – con gli stessi numeri - anche le aziende di produzione e importazione di strumenti musicali, mentre il settore audio professionale registra perdite ancora maggiori a causa del blocco degli spettacoli dal vivo. "Il contesto economico generale, così come quello specifico del settore, restano fortemente critici e amplificano le problematiche strutturali di un comparto piccolo in termini di fatturato globale, ma fondamentale in quanto generatore di cultura e benessere", le parole di Raffaele Volpe, amministratore delegato della filiale italiana di Yamaha Music Europe e nuovo presidente di Dismamusica al posto di Antonio Monzino proclamato presidente onorario.

I punti critici che affliggono il comparto secondo i rivenditori italiani sono rappresentati dalla presenza di piattaforme, soprattutto straniere, che operano online beneficiando di normative non equilibrate, da una marginalità troppo bassa, dall’aliquota Iva ordinaria inadeguata a sostenere lo strumento musicale come prodotto culturale e da una domanda che resta a livelli modesti anche a causa dell’inesistente politica di incentivazione per la pratica dello strumento musicale, compresa l’assenza dello strumento tra le materie di insegnamento obbligatorio nelle scuole. "L’Italia, patria della musica a livello mondiale, è ancora clamorosamente arretrata sul piano del ‘fare musica’ – constata Volpe -. È un ritardo che non ci possiamo più permettere di subire: l’Associazione continuerà a fare la propria parte, ma chiediamo che anche le istituzioni facciano la loro".