LUCA BALZAROTTI
Economia

Decreto Flussi e stranieri chiamati al lavoro: 1 su 5 regolarizzato. Solo il 24,2% degli inviati in Lombardia è arrivato al permesso di soggiorno

L’allarme del terzo settore: se la procedura non si finalizza perdono il diritto a un impiego

Lavoro

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Milano – Gli annunci dei centri per l’impiego riservati ai lavoratori arrivati in Italia con il “Decreto Flussi“ restano online per mesi. È la prova di quanto sia ancora lunga e tortuosa la strada delle assunzioni di immigrati regolari. Dalla richiesta del datore di lavoro alla prefettura per il nulla osta all’ingresso finalizzato alla firma del contratto - condizione necessaria per ottenere poi il permesso di soggiorno - passano spesso mesi. E percorso si inceppa fino a un paradosso finale: senza assunzione non si può ottenere il permesso di soggiorno, senza permesso di soggiorno non si può più essere assunti. È successo anche in Lombardia: secondo il dossier presentato dalla campagna “Ero Straniero“ il 24,2% delle quote di ingressi stabilite dal governo (11.338) si è trasformato in richieste di permessi di soggiorno e impieghi stabili.

In base ai dati aggiornati a dicembre 2024, solo uno su cinque degli extracomunitari inviati nei territori secondo la domanda proveniente dal mercato del lavoro è stato regolarizzato. Bergamo ha il tasso più basso con il il 10,7% dei 1.188 ingressi. Seguono Como con il 19,6% su 448 e Mantova (il 21,3% su 1.201). In linea con il dato lombardo si trovano Brescia (il 24,3% dei 1.342 arrivi) e Varese (il 24,8% dei 622 lavoratori inviati), mentre Milano (il 25% dei 4.481 stranieri) e Cremona (25,7% dei 456) superano leggermente il tasso di successo regionale. Anche nelle province dove l’iter burocratico è andato a buon fine in più casi non si va oltre il 40,9% di Lodi, favorita da numeri piccoli: 130 richieste di permessi di soggiorno su 318 arrivi.

Secondo la campagna promossa da diverse associazioni - A Buon Diritto, ActionAid, Asgi, Federazione Chiese Evangeliche Italiane, Oxfam, Arci, Cnca, Cild - le prefetture lombarde hanno ricevuto 52.726 domande: i permessi di soggiorno richiesti (alcuni in via di rilascio) sono stati 2.742. Di questi 1.122 arrivano da Milano, a fronte di oltre 24mila domande, quasi una su due. Numeri che certificano che lontano dalla Città metropolitana le difficoltà a gestire l’iter burocratico del “Decreto Flussi“ crescono. A Brescia il rapporto è di 326 su 8.987 domande, a Bergamo di 127 su 6.004. Tassi bassi anche a Mantova (256 su 3.504) e Varese (154 su 2.687 domande). Sondrio e Lecco a parte, che con meno richieste (576 e 754) riescono a garantire più pratiche (125 e 114), lo scenario è simile in tutte le province: Pavia ha ricevuto 1.592 domande con 183 permessi di soggiorno richiesti, Lodi ne conta 130 su 1.086, Como 88 su 1.475, Cremona 117 su 1.620.

“Il numero di permessi richiesti, che indicano la sottoscrizione del contratto di soggiorno e la finalizzazione della procedura, sono un numero irrisorio a fronte delle domande – commenta Fabrizio Coresi di ActionAid –. Questo è uno dei problemi: la norma consente di lavorare con il solo nulla osta. Se poi la procedura non si finalizza con la richiesta di un permesso di soggiorno, tra i vari diritti che non sono esercitabili dalle persone straniere entrate con il Decreto Flussi, c’è proprio anche il lavoro, visto che nella maggior parte dei casi gli stranieri restano senza una posizione regolare sul territorio. Allo stato attuale, infatti, in Italia non è possibile regolarizzare la posizione, neanche in caso si abbia una promessa di lavoro o un contratto disponibile per la sottoscrizione. L’unico appiglio fornito dalla normativa in casi non imputabili al lavoratore è, in assenza di finalizzazione della procedura, il rilascio di un permesso per attesa occupazione che però è rilasciato con il contagocce”. Quest’anno il governo ha previsto l’ingresso in Italia di 70.720 per lavoro subordinato non stagionale, 730 per lavoro autonomo e 110mila per lavoro subordinato stagionale.