Frontalieri, a rischio lo storico accordo tra Italia e Svizzera raggiunto lo scorso dicembre? Lo scenario non è così catastrofico, tuttavia qualche preoccupazione c'è ,soprattutto da parte elvetica.
Nello specifico, non è in discussione l'accordo bilaterale in sé, raggiunto fra Roma e Berna 46 anni dopo l'ultima intesa sottoscritta nel 1974, quanto il Memorandum firmato tra il Governo italiano con i sindacati confederali (Cgil, Cisl e Uil) e l'Associazione comuni italiani di frontiera (Acif). Una questione di politica interna, insomma, che rischierebbe però di mettere in dubbio tutto l'accordo, dal momento che in quel Memorandum sono messe nero su bianco le modalità di applicazione della tassazione italiana del lavoratore frontaliero. Il nuovo accordo, infatti, prevede che si passi da una tassazione esclusiva in Svizzera a una tassazione alla fonte dell'80%, con il restante 20% appannaggio dell'Italia. Da qui la sottoscrizione del Memorandum con sindacati e Comuni di frontiera, per definire un serie di garanzie come l’innalzamento della 'no tax area' per i lavoratori dipendenti da 7.500 a 10mila euro, la non imponibilità degli assegni familiari erogati dalla Svizzera, la deducibilità dei contributi obbligatori per i prepensionamenti e l'erogazione della Naspi (indennità di disoccupazione) in relazione alla retribuzione effettivamente percepita. Per quanto riguarda i Comuni entro i 20 chilometri dal confine, invece, lo Stato si è impegnato a garantire risorse anche quanto verà meno il sistema dei ristorni e ad innalzare dal 30 al 50% la quota di trasferimenti utilizzabili per le spese correnti.
L'accordo, raggiunto nel dicembre del 2020, dovrebbe venire approvato dai parlamenti italiano e svizzero entro il 2022 per entrare in vigore nel 2023. C'è ampio margine di tempo per portarlo in Aula, insomma. E allora perché questi timori improvvisi da parte elvetica? Sono giustificati? "Gli svizzeri sono sempre preoccupati", scherza Giuseppe Augurusa, responsabile della Cgil per la questione frontalieri, sindacalista che dul Memorandum ha messo la sua firma. Preoccupati ma non allarmisti, i pragamtici svizzeri, e infati anche in questo caso qualche ragione ce l'hanno. "L'accordo non è in discussione - spiega il sindacalista - ma approvarlo senza approvare anche il Memorandum sarebbe impensabile, dal momento che quel testo contiente le 'regole d'ingaggio' per applicare l'accordo in Italia. Si tratta di materia fiscale, competenza del Mef, e all'orizzonte c'è la rifroma fiscale annunciata da Draghi. Se la questione frontalieri viene scoroporata è un discorso, se invece finisce in quel calderone i tempi potrebbe effettivamente allungarsi anche oltre il 2022". Mandando di fatto in soffitto un accordo atteso quasi cinquant'anni, che interessa circa 80mila dei 90mila lavoratori frontalieri italiani, 70mila dei quali nel solo Canton Ticino.