Milano - La tedesca Sematic-Wittur abbandona Osio Sotto e la provincia di Bergamo per trasferire la produzione di ascensori in Ungheria, lasciando a casa 183 lavoratori . A una trentina di chilometri di distanza, a Bagnatica, la Novem Car Interior sposterà il 90% della produzione nello stabilimento di Zalec, in Slovenia. Nella Bergamasca altri 60 posti di lavoro in meno: rimarranno solo assemblaggio e servizi ai clienti di una ditta d’eccellenza del settore auto. Il colosso tedesco della chimica Henkel guarda invece verso Sud, lasciando la provincia di Como per concentrare le attività a Ferentino, in provincia di Frosinone.
Crisi segnate su una mappa che vede multinazionali in fuga dalla Lombardia e delocalizzazioni in Paesi dove il lavoro costa meno. Dai 1.000 ai 1.200 posti che nel 2021 potrebbero andare in fumo in Lombardia, aggiungendosi a quelli che verranno bruciati con la fine del blocco dei licenziamenti. Un processo non nuovo, in uno scenario fatto di situazioni diverse settore per settore, che potrebbe però subire un’accelerata nella crisi innescata dalla pandemia. "Negli anni precedenti all’emergenza sanitaria registravamo solo in Lombardia 3 o 4 delocalizzazioni per ogni trimestre – spiega Valentina Cappelletti, segretaria regionale della Cgil – adesso sono maturate crisi già in atto da tempo e se ne sono aperte di nuove. Secondo la mia esperienza, quando un’azienda decide di andarsene è quasi impossibile farla tornare sui suoi passi".
Sul tavolo dell’assessorato allo Sviluppo economico della Regione c’è un report che mette sotto la lente le 15 crisi aziendali più urgenti, con i relativi posti di lavoro a rischio. Su 15, solo 4 riguardano gruppi italiani: Galimberti-Euronics, la ditta Tecnomagnete di Lainate (Milano), la storica griffe mantovana Corneliani e il gruppo bresciano Alco della grande distribuzione organizzata. Le altre 11 crisi riguardano società straniere che lasciano la Lombardia per cessare la produzione o spostarla altrove. La catena di profumerie tedesca Douglas chiuderà entro i prossimi due anni 17 negozi in Italia, fra cui molti in Lombardia. C’è il caso Henkel, con una seconda doccia fredda per la bassa Comasca: 150 persone a rischio licenziamento. Prima c’era stata la crisi della Sherwin-Williams di Mariano Comense, stabilimento del marchio statunitense di vernici, con i 42 dipendenti dirottati nel Bolognese. Poi c’è la Sematic-Wittur, nella Bergamasca, che ha scelto di fare rotta verso l’Ungheria. In provincia di Varese, a Ternate, l’azienda chimica statunitense Huntsman "ha comunicato ai dipendenti del sito la volontà di chiudere entro la fine del 2021 l’attività produttiva": 50 posti di lavoro bruciati per un territorio già colpito dalla deindustrializzazione. Dopo settimane di presidi, lo scorso gennaio è stato trovato un accordo con i sindacati per evitare il licenziamento di 70 dipendenti della Voss Fluid di Osnago, nel Lecchese, anche grazie ad ammortizzatori sociali e incentivi all’esodo. L’azienda, però, chiuderà il sito produttivo che esiste dal 1954, acquistato nel 2016 dal gruppo metalmeccanico tedesco Voss. A pochi chilometri di distanza, a Bulgiago, l’israeliana Sicor Teva, del settore chimico-farmaceutico, ha già annunciato un addio "irreversibile" : lascerà a casa 109 lavoratori e, sul territorio, "problemi di tipo ambientale, con bonifiche necessarie". Nel Lodigiano un centinaio di posti a rischio per le riorganizzazioni della Abb Power Grids e della statunitense BW Papersystems.
E l’allarme si estende anche al settore bancario, con Deutsche Bank che ha annunciato la chiusura di un quinto delle filiali. Punti di rottura in un quadro già fosco, con i dati Anpal che parlano di 318.794 rapporti di lavoro cessati nel terzo trimestre 2020, compresi i pensionamenti. "Nel complesso l’industria regge – prosegue Cappelletti – ma siamo molto preoccupati per i lavoratori delle aziende in crisi di liquidità e dei settori più direttamente colpiti dai lockdown".