di Marco Principini
La pandemia da Covid-19 ha penalizzato più le donne che gli uomini e ha allargato ulteriormente il divario di genere. provocando una dilatazione del tempo necessario per raggiungere la parità di 51 anni, passando dal 2120 al 2171. È il risultato di uno studio dal titolo significativo – ‘Se non ora, quando?’ (‘If not now, when?’) – realizzato da Accenture e Quilt.AI insieme a Women 20 (W20), l’engagement group del G20 che ha l’obiettivo di garantire che il dialogo sul bilanciamento di genere sia integrato nell’agenda del G20 e che questo si traduca nelle azioni dei leader delle principali venti economie mondiali che ne prendono parte.
Lo studio, condotto ad agosto 2020 su un campione di 7.000 persone e sette Paesi, ha analizzato l’impatto che il Covid-19 ha avuto sulla parità di genere rispetto allo scenario pre-pandemia analizzando diverse dimensioni tra cui salute, educazione, livello di occupazione, inclusione digitale e inclusione finanziaria. I guadagni delle donne, per esempio, sono diminuiti del 63% più velocemente rispetto a quelli degli uomini, con un declino medio del reddito femminile di oltre il 16% rispetto a poco più del 10% degli uomini. Dall’analisi emerge inoltre che le donne hanno il 79% di probabilità in più di essere licenziate rispetto ai colleghi maschi: una disparità spesso determinata dal fatto che la popolazione femminile è impiegata maggiormente in settori vulnerabili alla chiusura delle attività e che registra una presenza inferiore a quella maschile nei livelli più alti dei percorsi di carriera. A questi dati si aggiunge il fatto che spesso sono le donne a dover farsi carico della cura dei figli o dei famigliari, svolgendo un lavoro non retribuito.
Con il Covid-19, sebbene il tempo dedicato alla cura dei bambini da parte degli uomini sia aumentato del 34% e quello delle donne del 29% rispetto a una situazione pre-pandemica, non è diminuito l’onere sulle donne, con il 50% del campione femminile dello studio che dichiara un incremento della tensione e dello stress legato alla cura in ambito domestico. Per far fronte a questa situazione di grave disparità, il rapporto elenca 10 suggerimenti che, se pienamente accolti dai Paesi del G20, potrebbero accelerare il progresso di inclusione di 59 anni.
L’invito è stabilire, per esempio, obiettivi per l’assunzione progressive delle donne nelle organizzazioni, riconoscere il lavoro non retribuito svolto dalle donne e offrire maggiore flessibilità per ridurre il peso delle cure familiari, incentivare una formazione che offra all’universo femminile maggiori opportunità occupazionali, applicare equità retributiva, aumentare l’accesso della popolazione femminile alle tecnologie digitali. "In questo contesto di disuguaglianza di genere le organizzazioni giocano un ruolo cruciale – commenta Anna Nozza, responsabile Risorse Umane di Accenture Italia – e sono chiamate a sviluppare e far applicare politiche attive di inclusione e di formazione che favoriscano lo sviluppo dell’occupazione femminile in un’ottica di pari opportunità". Dal report emerge inoltre come l’inclusione digitale possa offrire maggiori opportunità di lavoro per le donne e di come essa sia una leva per promuovere l’inclusione, l’efficienza e l’innovazione. Poiché, però, non tutti oggi hanno uguale possibilità di accesso alle risorse digitali, le organizzazioni devono necessariamente assicurarsi che l’accesso offerto a queste risorse sia inclusivo a livello di genere.
Durante la pandemia, le donne (nel 54% dei casi) hanno fatto maggiormente ricorso a Internet per svolgere il proprio lavoro, più degli uomini (35%). La dipendenza delle donne alla connettività in settori come la salute, l’istruzione, l’occupazione e la gestione della casa ha esacerbato in modo particolare il digital divide per coloro che non hanno alcun accesso o scarsa possibilità di utilizzare le potenzialità della rete. "Accenture – conclude Anna Nozza – si impegna ogni giorno a promuovere una cultura delle pari opportunità sul luogo di lavoro in modo che tutti abbiano le stesse possibilità di crescita".