JESSICA MULLER CASTAGLIUOLO
Economia

Moda, la crisi detta il cambiamento: “Ripartenza nel 2026, ora tutele”

Al Milano Fashion Global Summit i big dell’industria: “Filiera da salvare, servono ammortizzatori e investimenti”

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Carlo Capasa (Camera della Moda): l’artigianato deve mantenere la capacità umana

Milano – Il settore moda rallenta dopo anni di crescita. Il fatturato globale nel 2024, si stima, subirà una flessione del 3,5 per cento. A incidere sul risultato è soprattutto la decrescita del mercato cinese, che per anni ha guidato i consumi. Un mondo che cambia veloce, da reinterpretare. È il messaggio principale che emerge dell’apertura di Milano Fashion Global Summit, dal titolo “The New Rules”, tenutosi ieri in Torre Velasca. L’annuale incontro organizzato da Class Editori vedrà confrontarsi esperti e addetti al lavoro, alla ricerca di una bussola da seguire tra nuove tecnologie, sfide di filiera ed evoluzione del made in Italy.

“Siamo cresciuti molto negli ultimi tre anni ma ora è un momento complesso nel quale stiamo subendo una crisi che probabilmente durerà ancora l’anno prossimo”, spiega Carlo Capasa, presidente della Camera nazionale della moda italiana. I primi segnali di crescita, infatti, si vedranno solo nella seconda metà del 2025, con una “ripartenza decisa nel 2026” quando “ci aspettiamo una risalita della nostra industry trainata dall’affacciarsi di nuovi mercati, come Thailandia e Malesia”. In questa fase è importante “non perdere nulla della nostra filiera, e salvaguardare i posti di lavoro”.

Tra le richieste di Capasa per sostenere la filiera della moda italiana l’accesso alla cassa integrazione ordinaria e la valorizzazione del lavoro degli artigiani, con investimenti in comunicazione e in centri di formazione. Una sfida che riguarda tutta la filiera e in particolar modo i piccoli artigiani, che fanno più fatica a stare al passo e devono essere inclusi in distretti dell’innovazione: “L’artigiano del futuro deve essere digitale, ma deve mantenere la capacità umana. Quando mettiamo insieme creatività e innovazione siamo i più bravi”, conclude Capasa. Secondo Remo Ruffini, presidente e ad di Moncler, “è cambiato veramente tutto negli ultimi anni. Dobbiamo tradurre un mondo nuovo. È faticoso ma è uno stimolo per tutti e credo che i grandi marchi saranno sempre più forti”.

“Sono cambiate le regole del gioco”, esordisce invece Renzo Rosso, fondatore e presidente di OTB, che si prepara alla quotazione in Borsa (“nei tempi giusti”): “Ci lasciamo alle spalle anni fantastici e irripetibili, ma nel 2024 ci siamo un po’ fermati. Credo che sia anche il momento per operare un riassestamento dal punto di vista della distribuzione. Bisogna produrre meno con più qualità”. È d’accordo Diego della Valle, presidente di Tod’s, che parla di “intelligenza artigianale”: “Dopo la pandemia abbiamo capito che il lusso ha bisogno di tempi meno aggressivi e di mettere al centro delle nostre aziende l’interesse delle persona”.

Insomma, un mondo sempre più complesso nel quale la moda italiana può ancora contraddistinguersi, evolvendo però il suo linguaggio senza perdere la tradizione artigianale. Su questo punto, Alfonso Dolce, ad di Dolce & Gabbana, afferma: “In un mondo globalizzato avere un linguaggio unico è un vantaggio se si impara ad essere rispettosi ed inclusivi. Bisogna sposare nuove responsabilità etiche e sociali che non sono solo formali”.