Milano, 18 ottobre 2022 - Mentre Giorgia Meloni e gli altri leader della coalizione sono al lavoro per formare la squadra di governo, nel centrodestra si sta lavorando in vista della riforma delle pensioni. Sono diverse le ipotesi, considerato che a fine 2022 scadrà Quota 102 e tornerà in vigore la Legge Fornero. Vediamo in linea generale quali sono le opzioni attualmente in discussione.
Quota 41
Quota 41 prevede il pensionamento per coloro che hanno 41 anni di contributi a prescindere dall’età e rappresenta la priorità della Lega. Ma, secondo le stime dell'Inps, si tratta di una ipotesi molto onerosa per le casse dello Stato: si partirebbe con circa 4-5 miliardi il primo anno per arrivare fino a 10.
Quota 41 con soglia anagrafica
Proprio per ridurre l’impatto sui conti pubblici, il centrodestra starebbe valutando di vincolare Quota 41 a una soglia anagrafica: questo permetterebbe di limitare di molto l'impatto economico. Tutto dipende comunque da quali saranno i paletti individuati e dai calcoli dell'Inps: se però si dovesse fissare la soglia a 60 anni, o a 61, non si farebbe altro che replicare Quota 101, oppure l'attuale Quota 102.
In pensione a 62 anni con 35 di contributi
Per superare Quota 102 c'è anche l'ipotesi elaborata da Fratelli d’Italia per consentire le uscite con un minimo di 62 anni e 35 di versamenti, prevedendo "penalità" prima del raggiungimento dei 66 anni (fino a un massimo dell’8%) e bonus sopra questa soglia.
Opzione Uomo
Tra le opzioni al vaglio del futuro governo guidato da Giorgia Meloni c'è anche Opzione Uomo, una estensione agli uomini della già esistente Opzione Donna. Una possibilità che prevede la pensione anticipata a 58-59 anni con 35 di contributi e ricalcolo dell’assegno contributivo. In pratica i lavoratori che decidono di andare in pensione prima, potranno farlo ma con un assegno ridotto, con un taglio che potrà ammontare fino al 30 per cento. Sul tavolo della maggioranza anche l'eventuale proroga di almeno un anno di Opzione Donna e Ape Sociale.
Il no della Cgil
Opzione Uomo non convince il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini. "Mandare in pensione le persone riducendogli l'assegno - sottolinea - non mi pare sia una grande strada percorribile. Credo che il tema sia quello di affrontare la complessità del sistema pensionistico".