ANDREA GIANNI
Economia

Startup a Milano, impiegati in India: l'innovazione delocalizza il lavoro

Ai programmatori 2,80 euro all’ora (da casa). Ma dagli Usa si rivolgono ai lombardi per la manodopera hi-tech

Giovani laureati

Milano -  Startup milanesi che impiegano a distanza programmatori in India, dove la retribuzione media per i “braccianti“ dell’hi-tech è 2,80 euro all’ora, o nell’Est Europa. Aziende statunitensi che, invece, guardano alla Lombardia per reclutare manodopera qualificata nel campo dell’informatica, aprendo hub in Italia dove delocalizzare il lavoro. Nessuno si muove dal suo Paese, visto che le mansioni vengono svolte totalmente da remoto mentre la “testa“ resta dall’altra parte del mondo. Due fenomeni paralleli e accelerati dalla pandemia e dalla diffusione massiccia del lavoro a distanza, con risvolti diversi ma un unico obiettivo: ottenere manodopera qualificata e meno costosa.

L’India e i Paesi dell’Est Europa sono da tempo un bacino di risorse umane dal quale le aziende dell’informatica possono attingere. Manodopera accessibile anche per piccole startup lombarde, con uno schema sempre più diffuso: attività di coordinamento e commerciali, gestione, design del prodotto e marketing in Italia, con il supporto di programmatori freelance che si trovano invece in India, reclutati attraverso canali consolidati. Le paghe vanno da 2,80 a 4,50-5 euro all’ora, a seconda del tipo di progetto. In ogni caso inferiori rispetto a quelle italiane. Per i “cervelloni“ italiani, invece, si aprono nuove opportunità di lavoro, grazie alle campagne di reclutamento di colossi e anche imprese di più piccole dimensioni degli Stati Uniti. Lavoro che in alcuni casi viene svolto dall’Italia, senza bisogno di trasferirsi oltroceano. Con stipendi italiani, più bassi rispetto ai salari della Silicon Valley. "È un trend che, secondo la nostra esperienza, sta accelerando", spiega Marco Santambrogio, professore del dipartimento di Elettronica del Politecnico di Milano e mente del NesctLab, il vivaio dei talenti nel campo dell’ingegneria.

"Le aziende statunitensi aprono hub in Italia e lasciano qui i lavoratori – prosegue – e magari una volta all’anno la casa madre organizza un incontro di coordinamento. Per lavorare non servono grossi spazi ma basta un coworking, e questo fenomeno apre nuove opportunità per le realtà locali. Noi, come Politecnico di Milano, in generale registriamo una richiesta sempre maggiore di personale da parte di aziende straniere". Con la pandemia, inoltre, "sono cresciuti sensibilmente" gli iscritti a Ingegneria informatica, anche se il numero di studenti non soddisfa i bisogni di un settore che sta conoscendo un boom, con lo sviluppo di applicazioni, intelligenza artificiale, sistemi che sono ormai alla base della nostra vita quotidiana. Nel 2017 solo 376 persone avevano conseguito la laurea triennale al Politecnico di Milano. Nel 2018 sono scesi a 347, mentre nel 2019 il numero è salito a 457. L’anno scorso i laureati sono stati 501, mentre nel 2021 sono già 638, senza considerare quelli dell’ultima sessione. Numeri in aumento anche alla magistrale: da 151 nel 2017 a 224 nel 2018, fino a 262 nel 2019 e 296 nel 2020. Nel 2021, con due sessioni in meno, i laureati sono già 239. Tutti trovano porte spalancate nelle aziende, in Italia o all’estero. (2- Fine)