Cade un po' prima della metà dell'anno e, simbolicamente, sta a a significare la "liberazione dal giogo delle tasse". Lunedì 6 giugno, infatti, gli italiani "terminano" di lavorare per versare tasse e contributi previdenziali allo Stato e da martedì 7 scatta il cosiddetto "Tax Freedom Day", il mitico Giorno di liberazione fiscale, dopo il quale ogni ricavo finirà esclusivamente nelle tasche dei lavoratori. Il calcolo è a cura dell'Ufficio studi della Cgia di Mestre (Venezia), ed è stato realizzato suddividendo la stima del Pil annuo nazionale per i 365 giorni dell'anno, ottenendo così un dato medio giornaliero. Successivamente, si sono considerate le previsioni di gettito dei contributi previdenziali, delle imposte e delle tasse che i percettori di reddito verseranno quest'anno, rapportati al Pil giornaliero. Il risultato di questa operazione ha consentito di calcolare il "Tax Freedom Day" dell'anno in corso.
Dalla teoria alla realtà
Un puro esercizio teorico, che tuttavia serve a dimostrare il "peso fiscale" che grava sui cittadini. Rispetto al 2021, quest'anno l'appuntamento atteso arriva un giorno prima, dopo poco più di cinque mesi dall'inizio dell'anno, ossia 157 giorni lavorativi, inclusi i sabati e le domeniche. Tra i 27 Paesi dell'Ue, nel 2021 con il 43,5% l'Italia si era collocata al sesto posto per pressione fiscale, record storico per il nostro Paese, dietro Danimarca (48,1%), Francia (47,2%), Belgio (44,9%), Austria (43,8%) e Svezia (43,7%). L'anno scorso la media Ue si era "fermata" al 41,5%. Osservando la serie storica, il "giorno di liberazione fiscale" più "precoce" è stato nel 2005, quando la pressione fiscale si attestò al 39% e ai contribuenti italiani bastò raggiungere il 23 maggio (142 giorni lavorativi) per lasciarsi alle spalle le scadenze fiscali. Quello più in "ritardo" è stato appunto nel 2021, ed è scoccato l'8 giugno.
I motivi del record
«È corretto segnalare - precisa la Cgia - che questo picco record di pressione fiscale non è ascrivibile ad un aumento del prelievo, ma alla decisa crescita registrata dal Pil nazionale (oltre il 6,5%) che dopo la caduta verticale registrata nel 2020 (-9%), ha contribuito ad aumentare notevolmente le entrate". Nel 2022, invece, con una crescita stimata al 2,5%, il peso fiscale è destinato a diminuire di 0,4 punti percentuali, anche grazie alla riduzione delle imposte e dei contributi decisa dal Governo Draghi, tra cui la riforma dell'Irpef (-6,8 miliardi di gettito), l'esonero contributivo di 0,8 punti percentuali ai lavoratori dipendenti con una retribuzione mensile sotto 2.692 euro (-1,1 miliardi), l'esonero dall'Irap per le persone fisiche (-1 miliardo). Tenendo conto del leggero miglioramento in corso delle principali variabili economiche, che si riflette sull'andamento del gettito, secondo il Mef lo Stato dovrebbe incassare quasi 40 miliardi di imposte e contributi in più rispetto al 2021, una parte ascrivibile anche al forte aumento dell'inflazione tra il 6 e il 7%. Al di là della data simbolica, il mese di giugno è caratterizzato da un vero e proprio "ingorgo fiscale", con 141 scadenze fiscali previste, 122 delle quali (pari all'86,5% del totale) prevedono pagamenti. Si parte il 16 con l'Imu.