ELISA SERAFINI
Economia

Nucleare, l'esperto Luca Romano: "La tecnologia civile può portare alla pace"

Ecco quali relazioni sussistono tra energia nucleare, geopolitica e l’attuale situazione di guerra tra Russia e Ucraina

La Centrale Nucleare di Civaux, in Francia - Wikimedia

La Centrale Nucleare di Civaux, in Francia - Wikimedia

Luca Romano, laureato in Fisica Teorica all’Università di Torino, si è specializzato in Giornalismo Scientifico a Ferrara. Da tempo gestisce la comunità dell’Avvocato dell’Atomo, un team di ricercatori, fisici, divulgatori e sostenitori dell’energia nucleare. Attraverso i social network, con circa 50.000 follower su Instagram, 56.000 su Facebook, 30.000 su TikTok, promuovono informazione e divulgazione sul tema, cercando di sfatare miti e fake news. Lo abbiamo intervistato per capire quali relazioni sussistono tra energia nucleare, geopolitica e l’attuale situazione di guerra tra Russia e Ucraina. Quali rischi energetici sta correndo l’Italia a causa della guerra Russia-Ucraina? L’Italia ha una fortissima dipendenza energetica dall’estero e la maggior parte di questa dipendenza è legata al gas. L’Italia dipende per circa il 50% del gas dalla Russia, e questa dipendenza si traduce anche nel settore elettrico, dal momento che noi ricaviamo dal gas circa il 55% del nostro fabbisogno elettrico. Questo si traduce in un rischio sia per le bollette (che potrebbero continuare a salire) che per le forniture, soprattutto relative alle utenze domestiche di gas e alle imprese che fanno utilizzo di gas. E’ meno probabile che si abbiano blocchi su forniture elettriche o black out. Mettiamo la lancetta indietro nel tempo: se avessimo mantenuto e sviluppato centrali nucleari, oggi potremmo essere più tranquilli? Se avessimo sviluppato centrali nucleari oggi avremmo una dipendenza dal gas inferiore, per lo meno per quanto riguarda l’energia elettrica. La Francia ha una dipendenza dalla Russia del 24%, contrapposta alla nostra che è circa il doppio. Questo non azzera il problema, ma lo risolve parzialmente. Tutte quelle imprese che utilizzano gas perchè hanno bisogno di generare calore ad alta temperatura continuerebbero a farlo, ma con un’opportuna elettrificazione dei riscaldamenti e un piano energetico per l’elettricità non basato su gas, ma su nucleare, saremmo messi molto meglio. L’energia nucleare è entrata nella tassonomia europea della transizione ecologica. Come interpretiamo questo segnale? Si tratta di una decisione razionale, basata su dati scientifici che dicono che il nucleare è pulito in termini di emissioni, sostenibile in generale in termine di rifiuti prodotti, come o più delle energie rinnovabili che erano già incluse nella tassonomia precedentemente. Si tratta di prendere atto, da parte della Commissione Europea, di una realtà accettata da tutti, a parte, forse in Italia. Perché tante persone hanno paura di parlare di energia nucleare? Il nucleare è una forma di energia che fa paura perché non la si conosce, persino i combustibili fossili, sebbene razionalmente sappiamo che siano pericolosi per la salute e per l’ambiente, a livello inconscio ci fanno sentire più sicuri del nucleare, perché è qualcosa che conosciamo. La carbonella della grigliata, la benzina della macchina, il gas del fornello di casa. L’uranio è una cosa un po’ strana, nessuno l’ha visto, la fissione nessuno sa come funzioni, e quindi c’è la stessa diffidenza che porta le persone ad avere più paura di volare che andare in macchina, nonostante l’aereo sia un mezzo molto più sicuro della macchina. Il problema è che non lo piloti tu, e quindi istintivamente ne hai più paura. Per quanto riguarda i politici, in Italia i politici tendono a seguire i trend d’opinione invece che cercare di dettarli, questo fa sì che la maggior parte dei politici o sia contraria o non si esprima, a meno che non sia certa che il suo elettorato sia favorevole. Parlare di rischio di guerra nucleare può minacciare la reputazione del nucleare come tecnologia per l’energia? Non lo so ma non dovrebbe. Le tecnologie nucleari militari o civili sono completamente diverse. Opporsi a una per paura dell’altra è come opporsi alla produzione di automobili per evitare i carri armati. Anzi, l’industria nucleare civile può contribuire alla demilitarizzazione e al disarmo atomico. Questo è successo ad esempio con il trattato Start, a partire da 1993, con cui Stati Uniti e Russia hanno ridotto i loro arsenali atomici da 20-30.000 testate alle attuali 5000-6000 bombe atomiche a testa. Nello smantellamento il materiale bellico è stato diluito con uranio impoverito ed è stato utilizzato per creare energia. Circa il 20% dell’energia elettrica negli Stati Uniti dal 1993 al 2011 è stato fornito proprio grazie allo smantellamento delle testate militari. In realtà il nucleare civile è una tecnologia che contribuisce alla pace e non alla guerra. Draghi in Parlamento ha esposto la possibilità di riaprire centrali a carbone, è una strada efficiente? Il carbone non è una strada efficiente, è una soluzione “tampone” di breve periodo per arginare la nostra dipendenza dal gas, in parte perché non è il caso di finanziare ulteriormente la Russia, in parte perché i prezzi sono in salita e il gas rappresenta uno stress forte sui conti pubblici e sui consumatori. Si tratta di una soluzione da tenere in piedi il minor tempo possibile, cercando, nel frattempo delle soluzioni strutturali.