
la laurea in Lombardia resta una garanzia di occupazione
Milano – Si laureano più stranieri, soprattutto nelle specialistiche dopo il triennio e nelle lauree a ciclo unico. Parallelamente, è un’università che conta più residenti nella regione e più dottori con formazione tecnica rispetto a quanto accade nel resto del Paese, nonostante il peso della provenienza liceale resti elevato. AlmaLaurea, il consorzio interuniversitario, ha analizzato il profilo di 35.468 laureati negli atenei della Lombardia, confrontandoli con i pari grado del resto del Paese.
Dal 25° Rapporto è emerso che il 5% dei laureati nel 2022 ha una cittadinanza straniera: il 3,8% alle triennali, il 7% nel biennio, il 4,6% nei corsi a ciclo unico. La media è più alta di quella nazionale, ferma al 4,3%. Il 20,2%, invece, - uno su cinque - proviene da fuori regione, a fronte di un pendolarismo da studi che nel panorama nazionale cresce al 24,3% (quasi uno su quattro).
Differenze si rilevano anche nella formazione: in Lombardia il 70,6% dei laureati è un liceale contro il 74,6% dell’Italia, mentre il diploma tecnico “pesa“ il 22,5% (19,5% nel resto del Paese). L’età media di chi completa il percorso è di 25,2 anni, molto simile ai 25,6 complessivi rilevati dal Rapporto. Così come poca differenza si riscontra nella votazione: 103,3 su 110 (104 a livello nazionale). Cambia, invece, la percentuale di laureati che rispettano i tempi del corso: 71% in Lombardia a fronte di una media del 62,5%.
I laureati nelle università della regione svolgono meno tirocini riconosciuti dal proprio corso di studi: 56,5% (59,4% il dato nazionale). Ma una quota leggermente superiore (8,6% contro l’8,3%) sceglie di vivere un’esperienza di studio all’estero (soprattutto l’Erasmus). Il vero divario, però, riguarda gli “studenti lavoratori“: nelle università della Lombardia il 69,5% dei laureati ha sperimentato un’attività professionale durante lo studio contro il 64,1% degli altri “dottori“. Complessivamente, i lombardi promuovono il percorso formativo: il 72,7% si iscriverebbe di nuovo allo stesso corso della stessa università.
Divari più significativi con il resto del Paese sono emersi dall’indagine di AlmaLaurea sulla condizione occupazionale dei 63.715 laureati in Lombardia. I dati indicati nel Rapporto si riferiscono a chi ha conseguito il titolo triennale e specialistico nel 2021, intervistati un anno dopo, e ai laureati di secondo livello usciti nel 2017 e intervistati anche dopo cinque anni. Tra i 21.466 studenti con la laurea triennale, il tasso di occupazione è dell’81,4%, mentre quello di disoccupazione è pari al 6,4%.
La percentuale italiana di chi svolge un’attività a un anno dal titolo scende al 75,4%. Il 33,8% dei laureati lombardi - uno su tre - ha un contratto a tempo indeterminato, il 27,4% a tempo determinato, l’11,4% è in proprio (libero professionista o imprenditore). Il lavoro part-time riguarda il 15,3%, una quota inferiore rispetto al panorama nazionale (18,6%). Più simile la retribuzione media (1.359 euro), mentre il 58% dei laureati (contro il 59,3%) ritiene molto efficace il titolo in relazione all’attività svolta.
Il quadro professionale è ancora più favorevole a chi ha completato gli studi nelle università della Lombardia anche con laurea di secondo livello, la cosiddetta specialistica. A un anno dal titolo, i lombardi hanno un tasso di occupazione dell’83,2% (77,1% il dato nazionale), una retribuzione mensile netta di 1.411 euro (contro 1.366) e un tasso di efficacia del titolo in relazione al lavoro svolto del 69,5,% (68,7% in Italia). Solo l’11,4% ha un part-time (14,2% nel resto del Paese).
Cinque anni dopo la laurea il vantaggio si conferma: il 91,9% è occupato (88,7% la percentuale nazionale), percepisce 1.770 euro al mese (contro 1.697), e ha un’attività piena: il part-time coinvolge il 5,7% del totale a fronte del 7% italiano. L’unico “tesoretto“ disperso riguarda l’efficacia del titolo di studi nel lavoro: il 72,6% svolge l’attività per cui ha studiato, allineandosi con la media nazionale (72,7%).