ARNALDO LIGUORI
Editoriale e Commento
Editoriale

Perché l’arte? Perché proprio l’arte?

Gli italiani, del proprio Paese, criticano quasi tutto. Litigano, s’azzuffano e si dividono su ogni cosa: politica, calcio, cucina, persino sull’Unità d’Italia. Abituati a pensarsi in uno Stato “poco serio”, un po’ corrotto e un po’ insanabile, c’è però una cosa di cui tutti gli italiani vanno fieri. Una cosa che possiedono in misura ineguagliabile, una cosa che possono esibire sempre e comunque con orgoglio di fronte al mondo intero: l’arte. L’impareggiabile arte italiana. Per questo, quando gli attivisti del clima imbrattano statue, palazzi e dipinti, viene da pensare che del proprio Paese non abbiano capito niente di niente. Beninteso, hanno ragione: hanno indiscutibilmente ragione. E non c’è dubbio che la più miserabile vita umana valga più della Primavera di Botticelli. Ma se è vero che “il mezzo è il messaggio”, ovvero che il mezzo di comunicazione assume più importanza del messaggio che veicola – anche nella sua dimensione simbolica – si può serenamente dire gli attivisti hanno fatto male i calcoli. I meccanismi della narrazione collettiva, in una società sommersa da stimoli informativi come la nostra, portano inevitabilmente l’opinione pubblica a semplificare tutto e schierarsi di conseguenza: buoni e cattivi, tutto e niente, giusto e sbagliato. Aggredire l’arte – l’unica forza unificante della cultura italiana, la manifestazione della bellezza nel mondo – da che parte pone il messaggio degli attivisti? Magari non finirà nella casella dei “cattivi”, ma di certo neanche in quella dei “buoni”. E in una società che volge alla polarizzazione politica e culturale, non c’è spazio per messaggi confusi. La lotta per il clima è una battaglia giusta. La più importante di tutte. Il rischio è che sia combattuta con le armi sbagliate.