Difficile non scadere nella retorica quando si stila il bilancio di un anno. Per noi giornalisti l'altra tentazione è quella del sensazionalismo. Le due cose unite ci allontanano dalla verità. Così, al tramonto del 2024, sarebbe semplicistico elevare il tuffo coraggioso, inconsapevolmente eroico, benché inutile, di un uomo che si butta in acqua per salvarne un altro a un passo dalla morte, a contrappeso dei tanti tonfi umani che la cronaca di questi dodici mesi ci ha sottoposto. Si muore sopraffatti dall'odio social, si uccide per controllare una curva e per strappare un paio di cuffiette, si stermina senza ragione o per un motivo sondabile solo negli abissi dell'animo. Va peggio che in passato? L'istinto ci induce a un “sì” ma è forse un difetto innato di prospettiva. Come quello che ci porta a dimenticare più facilmente le buone notizie. Per sua natura la cronaca quotidiana tende a semplificare, separando con una linea il bene e il male, i carnefici e la vittime. E così fa certa politica per setacciare consenso. Ma arriva un momento in cui il giornalismo deve provare a suggerire risposte profonde a temi complessi. L'augurio e il proposito per il prossimo anno è non smettere di cercarle.
Editoriale e CommentoBilanci, propositi e auguri