Che il carcere non sia un mezzo efficace per ridurre la criminalità sul lungo periodo si può dedurre dai dati sulle recidive pubblicati dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria: il 70 per cento dei detenuti torna a commettere reati quando esce, mentre tra chi è sottoposto a una misura alternativa la percentuale scende al di sotto del 3 per cento.
Ma capita che in prigione siano rinchiusi anche gli innocenti, come il ragazzo di 24 anni di Milano che ha passato quasi tre anni in cella senza aver commesso alcun crimine. Non è un caso limite: negli ultimi trent’anni si stima che circa 30.000 persone siano state imprigionate in Italia a causa di un errore giudiziario. Nei due terzi dei casi si tratta di misure cautelari, cioè limitazioni della libertà inflitte senza alcuna condanna per evitare che l’indagato fugga, inquini le prove o reiteri il reato.
Come si finisce tra le sbarre per sbaglio? Le possibili ragioni sono molte: un’indagine superficiale, un arresto disposto troppo in fretta, un lavoro approssimativo da parte della difesa o dell’accusa: di certo, le risorse limitate destinate al sistema giudiziario non aiutano. Quegli errori giudiziari, peraltro, costano: al ventiquattrenne è stato riconosciuto un indennizzo di circa 157.700 euro per i 669 giorni trascorsi senza libertà, pari a 235 euro al giorno. Tanto vale, oggi, la libertà.