CECILIA DANIELE
Editoriale e Commento
Editoriale

La scuola e quei tre mesi di vacanza

“La scuola non è un parcheggio, sono i genitori che devono organizzarsi”, “Ai miei tempi la scuola finiva a giugno e ricominciava a ottobre e siamo tutti sopravvissuti”. Sono alcune delle frasi-tipo che i genitori si sentono rivolgere quando mettono in discussione i tre (abbondanti) mesi di vacanza nelle scuole italiane. E in effetti chi dice che si è sempre fatto così non ha torto: si va avanti in questo modo da decenni. 

Peccato che si tratti di un’organizzazione del calendario che (forse) aveva un senso fino trent’anni fa e che si ricollega a un’idea di società che oggi – volenti o nolenti – semplicemente non esiste più. Mettiamo anche si abbiano le disponibilità economiche per trasferte prolungate al mare o in montagna… Ma chi può permettersi nella Milano di oggi di mettere in pausa il lavoro per settimane (e settimane)? Non è questione di pigrizia o cattiva volontà: i genitori semplicemente non possono avere il dono dell’ubiquità ed essere insieme ai figli e contemporaneamente in ufficio.

Il punto, a mio parere, non è tanto domandarsi: “Tre mesi di vacanza sono troppi?” ma ammettere che tre mesi di vacanza di questi tempi sono semplicemente non sostenibili. In una società dove spesso l’unico “welfare” disponibile è quello dei (santi) nonni, bisognerebbe iniziare ad accettare che la realtà delle famiglie è cambiata e non è più quella degli anni Sessanta, agendo di conseguenza. E trovando soluzioni percorribili.