IVAN ALBARELLI
Editoriale e Commento

Cosa sognano le piante

Essere una quercia o un olmo a Milano è difficile, ecco perché gli alberi della città meritano rispetto

Dev'essere difficile fare l’albero a Milano. Chissà una pianta fra i 60 e i 70 anni quante deve averne viste nella vita, immobile in viale Fulvio Testi o in via Mac Mahon o in un'altra delle innumerevoli strade alberate della città, a osservare silenziosa il frenetico andirivieni di auto, bus, tram e persone. Rimpiangerà i vecchi tempi di quando il massimo degli affronti subiti era un cane che alzava la zampa, o un umano che per le stesse fisiologiche necessità la scambiava per un vespasiano?

In un libro suggestivo lo scrittore tedesco Peter Wohlleben, specializzato in scienze forestali, spiega come gli alberi "comunichino" fra loro attraverso la rete sotterranea delle radici, anche a distanza di chilometri. Una specie di fibra ottica, insomma, attraverso cui si trasmettono informazioni e nutrienti.

E allora divertiamoci a immaginare quel che si devono dire i 465.521 alberi recensiti di Milano. Il vecchio olmo abbandonato in una strada di periferia che si lamenta col pomposo platano di Affori (tenuto a battesimo niente meno che da Napoleone) di non vedere mai nessuno, mentre lui almeno è entrato nella storia; le querce snob dei giardini pubblici di via Palestro che si godono la bella gente del centro, gli olmi del parco dei capitani a San Siro che temono per la loro vita.

Di queste presenze viventi, a cui dobbiamo qualche grado in meno d'afa d'estate e un'aria non del tutto divorata dallo smog, raramente ci accorgiamo. Per fortuna gli alberi qualche anima sensibile che dà loro un po’ d’affetto la trovano, come Fabiola Minoletti che li sta difendendo dalla nuova moda idiota di sfregiarli con le bombolette spray, o l'assessora al Verde Elena Grandi che li sta liberando dalla sosta selvaggia delle auto (proviamo a immaginare di avere 10 quintali sui piedi 24 ore su 24). Chissà cosa sognano di notte gli alberi di Milano... Le foreste delle Alpi, il freddo delle Dolomiti, le aquile degli Appennini; o anche semplicemente una città più silenziosa e rispettosa.