Arnaldo Liguori
Editoriale e Commento
Editoriale

Ricchi, poveri e crisi climatica

La frana avvenuta a Ischia

Le tempeste che hanno devastato Milano devono ricordarci tre cose. Primo, negli ultimi dieci anni il numero di eventi climatici estremi registrati in Italia è – letteralmente – decuplicato. Secondo, la comunità scientifica è concorde nell’affermare che la causa di questo aumento esponenziale è l’aumento della temperatura globale prodotto dall’emissione di gas climalteranti. Terzo, non siamo pronti ad affrontare questi eventi: serve un piano di adattamento (quello italiano non è ancora pronto), ma soprattutto servono soldi.

E qui, casca l’asino. Perché oggi, nel mondo, il 10% più ricco della popolazione produce circa la metà delle emissioni mentre il 90% più povero subisce il 97% dei danni prodotti dagli eventi climatici estremi. Tradotto: non si può combattere la crisi climatica senza una ridistribuzione delle ricchezze. È impossibile per l’Italia attrezzare le sue città contro nubifragi, allagamenti, incendi, siccità, mareggiate o frane senza dispiegare le risorse detenute da quei pochi che possiedono la maggior parte del patrimonio complessivo. Una minoranza che in virtù del proprio patrimonio può difendersi facilmente dagli effetti del clima e che, pertanto, ha meno urgenza di altri nel combattere il riscaldamento globale.

Crisi climatica e disuguaglianza corrono sullo stesso binario: non sarebbe male appuntarselo per il prossimo nubifragio o le prossime elezioni. Perché di fronte all’albero caduto sulla propria automobile, dare la colpa al cielo è sicuramente un atto legittimo, ma a lungo andare rischia di essere anche piuttosto miope.