Fino a una ventina d'anni fa o giù di lì sembravano scenari da periferie americane. Tutti a fare acquisti, anzi shopping, nei centri commerciali a caccia della maxi offerta, del super sconto. Rigorosamente in macchina. Oggi queste dinamiche sono diventate comuni anche nelle città italiane, in particolare al Nord. Non senza però delle conseguenze, visibili da tempo, rappresentate dalla lenta moria del commercio di vicinato. A certificarne ancora una volta la crisi è la Confcommercio, che ha calcolato in una percentuale (il 24%) il crollo delle piccole attività commerciali che si è verificato in 12 anni nelle 12 città capoluogo della nostra regione. Oltre duemila negozi che dal 2012 non hanno più riaperto. Strangolati dai costi di gestione (tasse, affitti, burocrazia), dal mancato passaggio generazionale (visibile in particolare nei piccoli centri: attività storiche che scompaiono dopo magari 80 anni di attività ininterrotta), dall’impossibilità di reggere a lungo la battaglia dei ribassi dei prezzi che si possono invece permettere i “grandi”. Una tendenza che non può non preoccupare anche per i suoi risvolti sociali, soprattutto nei confronti della popolazione anziana o fragile. Tutto sembra però passare sotto silenzio, come se non fosse possibile farci nulla.
Editoriale e CommentoQuando un negozio muore