Milano, 8 maggio 2022 - Il paradosso è noto: mentre il tasso di disoccupazione in Lombardia nel 2021 si è attestato al 5,9 per cento contro il 5,2 del 2020, si fatica a reperire lavoratori. Secondo l’Osservatorio di Confartigianato Lombardia, come riportato dal «Giorno», ad aprile le imprese sono riuscite a trovare solo sei lavoratori su dieci. Precisamente, 30.611 contro i 71.520 richiesti dal mercato. Il problema dello sfasamento fra domanda e offerta si ripropone puntuale senza che si profili alcun cambio di rotta. Ma rischia di acuirsi in un contesto caratterizzato, attuale crisi a parte, da un’economia nuova, basata sulle competenze. Diversi i nodi. Chiamando in causa la scuola il primo tema è la valorizzazione dei ragazzi che hanno talento e creatività.
Doti che, come sottolineato l’altro giorno dalla Fondazione Rui in un incontro alla Camera dei deputati, vanno educate e sviluppate, in un ambito di moderna e efficace formazione. I limiti dell’attuale sistema formativo sono alla base della mancanza di professionalità capaci di soddifare la domanda del mercato del lavoro. In un’economia basata sulle competenze le imprese hanno bisogno di innovazione, traguardo conseguibile attraverso il ricorso alle nuove tecnologie. L’utilizzo di intelligenza artificiale, robotica, Internet delle cose implica un rinnovamento profondo delle aziende. È in atto una rivoluzione industriale simile, per portata, a quella degli Anni Sessanta. Con la differenza che oggi le materie prime sono i dati. Le imprese, anche quelle più grandi, hanno difficoltà a far nascere al loro interno le professionalità che servono.
Cercano quindi di trovarle fuori: nelle startup che nascono grazie alla creatività dei giovani. Succede nell’automazione e, da un po’, anche nel settore finanziario. Le grandi banche comprano soluzioni dalle fintech per creare innovazione. È questo tessuto di startup che finirà per sostituire quello delle imprese che la crisi legata al Covid prima e quella energetica ora stanno minando alle fondamenta. Le aziende non possono prescindere dalle nuove piattaforme tecnologiche e, di conseguenza, dai giovani che sanno progettarle e utilizzarle. Come mettere in contatto i diversi attori di questo processo è un punto decisivo. Lo snodo è nelle università. Le più grandi hanno competenze elevate e sviluppano ricerca. Succede a Boston, a San Francisco, ma può succedere anche a Milano. Una realtà, come osserva Giampio Bracchi, fondatore e presidente emerito della Fondazione Politecnico e dell’incubatore di imprese Polihub, dove ci sono le condizioni per sviluppare startup innovative. A patto, però, che le università rafforzino accanto a formazione e ricerca la missione del trasferimento tecnologico. Fondamentale per traghettare l’innovazione sui mercati.